Izzo non accetta l’archiviazione: «Riconosciuta la villa del rito»
Il caso Corazzin è chiuso, il dolore della famiglia rimane aperto. Ed è forte la delusione del principale indagato Angelo Izzo, dopo il provvedimento di martedì del gip di Perugia, Lidia Brutti, che ha archiviato il fascicolo per omicidio. Era l’unico reato ancora perseguibile, 44 anni dopo il presunto rapimento, a Tai di Cadore, della ragazza originaria di San Vito al Tagliamento.
Il difensore di fiducia del mostro del Circeo, Rolando Iorio del foro di Avellino se l’aspettava, ma anche a nome del suo assistito non accetta questo finale: «Esprimo tutto il mio rammarico, nonché disappunto, evidenziando come la magistratura umbra si sia soffermata oltremodo sulla probabilità che Izzo avesse assunto le informazioni dalla diffusione mediatica dei dettagli investigativi della vicenda, senza prestare l’adeguata considerazione ad aspetti concreti e oggettivi».
Sentito dal procuratore della Repubblica di Belluno, Francesco Saverio Pavone, Izzo aveva detto «facemmo come al Circeo», parlando del destino della 17enne, che nell’agosto 1975 scomparve, mentre era in vacanza in Cadore. Rossella Corazzin sarebbe stata sequestrata da alcuni uomini e portata in una villa sul lago Trasimeno, dove l’avrebbero seviziata e violentata a lungo, durante un rituale: «Mi riferisco al riconoscimento che il mio assistito ha fatto, dopo la visione del video mostratogli dagli inquirenti, del parcheggio e dell’ingresso, della villa di Francesco Narducci, dove sarebbe stato consumato, secondo Angelo Izzo, il macabro rito sulla povera ragazza».
Forse ha ragione l’attuale procuratore bellunese Paolo Luca, quando tra le altre cose sostiene che nessuno fa quello che bisognerebbe veramente fare: mettersi a scavare, alla ricerca del corpo. Izzo, che sta scontando degli ergastoli nel carcere di Velletri, avrebbe voluto essere processato «per togliersi un peso dalla coscienza». Erano indagati insieme a lui Giovanni Guidi, Enrico e Fabio Annoscia e Serafino Di Luia, mentre era uscito dal procedimento Giampietro Parboni Arquati, perché nel frattempo è deceduto.
Ma nessuno gli ha creduto. Il pubblico ministero perugino aveva chiesto l’archiviazione, la zia di Rossella, Giuseppina Trevisan ha presentato opposizione e il gip ha archiviato sei mesi dopo perché «la notizia di reato tratta dalle dichiarazioni di Angelo Izzo deve ritenersi radicalmente infondata e priva di qualsivoglia possibilità di sviluppo probatorio». —
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