Kristina: 25 anni, 2 bimbi, fuggita a Belluno. «Scappati dall’inferno mio marito è ancora lì»
BELLUNO. Lei è Kristina, ha 25 anni. Il figlio più piccolo, Makar, ha un anno. Poi c’è Maxim, il figlio di tre anni. Ecco il primo gruppo di profughi del capoluogo. Sono arrivati martedì a Vittorio Veneto, il parroco ucraino don Yuriy è andato a prenderli e li ha portati in una famiglia di connazionali. Mamma e figli hanno pranzato e i piccoli sono stati messi a riposare perché erano stremati. Una volta risvegliati, Francesco D’Alfonso, direttore della Caritas, li ha presi in carico. «Ho provveduto anzitutto al tampone per verificare che non avessero problemi col virus. Fortunatamente il risultato è stato negativo».
Poi l’appoggio in un B&B, che collabora con la Caritas, per la cena, la notte, e la giornata di ieri nell’attesa di una sistemazione definitiva. «Cerchiamo un appartamentino. Probabilmente troviamo una soluzione attraverso il Comune, con il quale stiamo puntualmente collaborando». I bimbi hanno la nonna a Belluno. Era arrivata da qualche tempo. Commosso l’abbraccio tra madre, figlia e nipotini. «Cercheremo di trovare una residenza dove il gruppo possa recuperare la relazione familiare», dice D’Alfonso, che è diacono della diocesi.
«Arriviamo dalle vicinanze di Hostomeòl, dove c’è l’areoporto militare, a 35 km da Kiev», racconta la signora, che ha lasciato il marito a combattere, vicino alla capitale. Lo scalo è stato il primo bersaglio dell’invasore russo, con tanto di elicotteri. «Siamo scappati dall’inferno», continua Kristina, «e mia madre mi ha pregato di raggiungerla in Italia. Abbiamo trovato transiti di fortuna».
D’Alfonso, con la sensibilità per cui è da tutti apprezzato, riesce ad evitare la narrazione. Al tempo stesso telefona in municipio, poi in prefettura, riceve la disponibilità di aiuti. «Ma ci vorrebbe chiarezza, sui numeri che possiamo ricevere e soprattutto sul loro status. Noi come Caritas siamo pronti a qualsiasi tipo di sostegno. Collaborando, ben s’intende, con l’istituzione pubblica».
Intanto don Yuriy Khodan si è recato a Feltre dove, con la locale comunità ucraina, ha organizzato l’accoglienza di altri profughi. «Chiedo ospitalità al vostro giornale che è opportuno selezionare gli aiuti da raccogliere e inviare in Ucraina. Non c’è bisogno di tutto, ma soprattutto di medicinali».
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