La campanara di 22 anni ha imparato a suonare il “campanò”

A Lamon prosegue la tradizione di suonare una particolare melodia prima della festa dei patroni

LAMON. Una campanara di 22 anni. E sul suo esempio anche la sorellina, che di anni ne ha solo 13. Sono giorni di "campanò", questi, a Lamon. Nei giorni che precedono la festa dei patroni, Santi Pietro e Paolo, le campane della chiesa di San Pietro suonano una particolare melodia, appunto quella del campanò, in genere per un'oretta nel primo pomeriggio. Si suona a mano, rigorosamente, usando le tre campane di cui è dotato il campanile. Da tre anni, ad imparare e a suonare c'è Roberta Pintus, che ha trascinato nella sua passione anche la sorella Sara.

Roberta ha 22 anni e frequenta l'Università a Trento. «La curiosità mi è venuta nel 2013. Lo ho detto a mio papà, che mi ha spinto a muovermi, a capire cosa potevo fare. Mi ha portato sul campanile, dove sono stata accolta benissimo dai due campanari che suonavano il campanò, Tarcisio Gaio e Aldo Da Rugna». Forse aspettavano e speravano nell'arrivo di un successore, di qualcuno che fosse interessato ad ascoltare le loro storie, ad imparare come si suonano le campane a mano, in particolare il campanò.

«Il primo anno ho imparato soprattutto come accedere al campanile, togliendo l'allarme e bloccando il quadro elettrico, per evitare che per sbaglio le campane si mettano a suonare anche solo per indicare le ore». Le campane sono tre, due nella prima cella, una più in alto. Per suonare il campanò le campane vanno leggermente inclinate, sui ganci che ci sono sul battocchio vanno attaccate delle corde che vengono mosse con le mani. La corda della campana che si trova in lato viene mossa invece con il piede attraverso un pedale.

«Noi siamo un po' rustici, fate conto che nelle torri campanarie trentine usano una tastiera, dove arrivano dei fili di acciaio attaccati ai battocchi». Il campanò viene suonato per un'oretta e non si riesce a fare il lavoro da soli, quindi i campanari si danno il cambio. «Naturalmente ognuno ci mette del suo, anche se le melodie sono precise. Ogni campanaro ed ogni paese hanno la loro tradizione».

Quella del campanaro è una attività che si tramanda spesso in famiglia. Nel caso di Roberta Pintus invece è una passione personale, legata non solo alle campane e alla musica (fa parte come corista del gruppo corale Numeri Atque Voces) ma anche alle tradizioni popolari in genere.

«Mi dispiace che si perda la memoria delle cose: le storie, le filastrocche, le tradizioni. I miei nonni me ne parlavano ed io amavo ascoltarli. Non bisogna dimenticare la nostra storia e la nostra cultura».

Accanto alla passione per la musica, per la melodia e per le campane, Roberta ha un altro motivo per stare lassù, sul colle di San Pietro da cui si domina tutto l'altopiano lamonese: «C'è un incredibile senso di libertà a stare sulla cima di un campanile». (ma.co.)

 

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