La cartufola sbarca sul mercato

L’Antica Hostaria Serenissima a Domegge ha registrato la ricetta del tubero
DOMEGGE. All’ennesimo complimento accompagnato dalla domanda «Posso comprarne un po’ da portare a casa?» si è definitivamente convinto: è ora di fare il grande passo, far uscire la “cartufola” dai confini del Cadore e metterla in commercio sott’olio, in vasetti che saranno in vendita a partire da gennaio. A raccogliere la tradizione cadorina del topinambur – cartufola, infatti, è il nome dialettale per indicare questo particolare tubero – è Osvaldo Coffen, gestore insieme alla sua famiglia dell’Antica Hostaria Serenissima a Domegge.


«Fino ad ora abbiamo lavorato e venduto la cartufola all’interno del locale» spiega Coffen, «ma il successo che ha avuto il prodotto in questi anni e le gratificazioni che abbiamo avuto in rete ci hanno convinti a provare quest’avventura: abbiamo registrato il nome cartufola e ora siamo pronti a mettere in commercio il prodotto».


Il topinanbur, o rapa tedesca, punta a conquistare nuovi mercati grazie ad una storia tipicamente cadorina. «Fino agli anni Ottanta questa ricetta era un cavallo di battaglia di alcuni locali della zona» spiega il titolare, «il panino con la cartufola fu ideato negli anni Settanta da Giusto Frescura, in arte Piola. Negli anni Novanta chiuse il locale e quando, nel 2008, rilevai il Bar Vecchio all’interno di un antico palazzo cinquecentesco decisi di riproporre la sua ricetta. Lui quasi si mise a piangere».


Negli anni la fama della cartufola, servita in abbinata con affettati, formaggi e verdure grigliate, è cresciuta. «Ci chiedevano spesso di acquistare il prodotto ma avevamo le autorizzazioni per il consumo interno. Viste le richieste, però, ci siamo attrezzati per l’invasamento e da gennaio apriamo ufficialmente il laboratorio. Il topinambur viene sbollentato e messo sott’olio con particolari aromi, rimanendo croccante».


Per Coffen questa nuova avventura non rappresenta soltanto una sfida imprenditoriale: «Un tempo in Europa non c’erano le patate come le conosciamo noi ma solo il topinambur, uno dei primi tuberi importati nel Vecchio Continente» spiega, «quello che noi mettiamo sott’olio è prodotto in parte da noi, in alcuni terreni in Cadore, oppure acquistato nei mercati».


Un prodotto a chilometro zero e con una storia: un mix appetibile per il moderno mercato gastronomico, sempre a caccia di novità ma con un occhio alla tradizione.


«Faccio questo lavoro da 35 anni» conclude Coffen, «e in quest’avventura mi aiuta mia sorella Graziosa insieme a mia moglie Patrizia, ai miei figli Martina e Alessandro e ai miei collaboratori Giada e Pierluigi. Abbiamo registrato il marchio, preso accordi con una grossa azienda che si occuperà della distribuzione. Siamo pronti a portare ovunque la nostra prelibatezza».


Valentina Voi


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