La casera in Valle di Seren si trasforma in agriturismo

Francesca Valente
SEREN DEL GRAPPA
In posti come la Valle di Seren ci si va ad abitare un po’ per scelta, un po’per convenienza. Perché le case costano poco, il contesto è tranquillo e la convivenza con la natura si impone presto e volentieri come paradigma di un nuovo stile di vita.
Per Beatrice Secco di Seren e Leonardo Valente di Valstagna è andata un po’così. Nel 1985, mentre stavano cercando una casa con terreno «dove andare a farci la nostra storia» con la piccola Anna di appena un anno in braccio, hanno trovato una “casera” con tre ettari di terreno in via Montesort, «l’unica possibilità alla portata delle nostre tasche».
I due hanno così deciso di investire risparmi e tempo libero per cercare di sistemare quella proprietà, con l’idea di renderla il luogo ideale in cui vivere come famiglia. «C’erano piante dappertutto», racconta Beatrice, «il lavoro di ripristino e ristrutturazione è durato molto, tanto che siamo venuti ad abitarci nel 1993, tre anni dopo la nascita di Erika».
Poi cosa è successo?
«Abbiamo capito quanto era bello stare qui e abbiamo subito pensato a come farlo diventare il nostro lavoro, visto che sia io sia Leonardo facevamo gli impiegati e rientravamo a casa soltanto per dormire. Abbiamo sempre avuto la passione per la coltivazione, tanto che ci facevamo già l’orto ed è stato facile maturare esperienza. Cosa diversa è stata con gli animali, perché ci mancava la tradizione familiare e la dimestichezza. Ora teniamo due capre da compagnia, galline, conigli e abbiamo una ventina di arnie con le api, un’attività che praticava mio padre».
Come è cresciuta l’azienda?
«All’epoca andava di moda aprire agriturismi, così anche noi siamo partiti con la ristorazione e gli alloggi per gruppi: all’inizio avevamo a disposizione una mansarda con due stanze che è stata aperta nel 2000. L’anno dopo siamo subito partiti con le attività formative per bambini e le settimane verdi, una proposta che nessuno ancora faceva qui in zona. Ci siamo iscritti all’elenco regionale delle fattorie didattiche, tanto che siamo una delle più longeve in Veneto, se non la prima in provincia. Io e mio marito curiamo i campi, Anna, che nel frattempo è diventata la titolare, si occupa della cucina, mentre Erika del centro estivo con il supporto di Leonardo».
Anna, com’è avere un’azienda familiare?
«All’inizio non è stato facile, anche perché vivendo qui non c’è mai un confine tra la vita privata e il lavoro. Anche per questo all’inizio ho vissuto il classico momento di separazione, andando a lavorare come barista o cameriera in altri locali. La cosa che più mi ha appassionata fin da subito è stato il rapporto con i più piccoli: gestire ristorazione e accoglienza è faticoso, anche a livello psicologico, ma quando vedi un bambino avvicinarsi così tanto alla natura grazie alla tua mediazione è qualcosa di insostituibile. Sappiamo di alcuni che, una volta diventati grandi, hanno scelto di studiare o lavorare nel settore agricolo o della ristorazione, dopo essersi appassionati proprio qui da noi. Siamo stati anche ringraziati in una tesi di laurea: è una delle soddisfazioni più grandi del mio lavoro».
Perché il nome “Albero degli Alberi”?
«Nel nostro giardino c’è un faggio molto grande con i rami che formano quasi una scala, tanto che da piccole io e mia sorella ci arrampicavamo sempre. Quando abbiamo dovuto trovare un nome per l’azienda abbiamo provato con qualcosa in dialetto, ma non ci convinceva oppure era stato già usato. Mia sorella Erika si era inventata questo nome proprio per chiamare quel grosso albero: ci è sembrato il più adatto e anche il più originale».
In cosa consiste oggi l’azienda?
«Siamo partiti con una ventina di posti a sedere ma non erano sufficienti e si trovavano all’interno dello stabile, così con il tempo abbiamo costruito e sistemato lo spazio all’esterno, creando una veranda aperta e due chiuse e ricavando in totale una cinquantina di posti a sedere. Nel 2005 abbiamo costruito un “fojarol” per usarlo come essiccatoio per le nostre dieci varietà di fagioli, che mia mamma coltiva ancora come collaboratrice familiare con tanta passione, ma viene usato anche come alloggio con due camere dopo aver fatto alcuni lavori di adeguamento».
Avete clienti affezionati?
«Abbiamo clienti fissi che vengono anche da Treviso o Venezia e che amano fermarsi tutto il giorno. C’è il laboratorio di trasformazione che ci permette di fare diversi prodotti in casa, da menù o da vendita nei mercati. Gestiamo tutto su prenotazione, ora più che mai visto il Coronavirus, che non ci ha colpiti molto, perché siamo chiusi dal primo gennaio a Pasqua. La gente ha ripreso a venire anche a dormire: una coppia di svizzeri è tornata qui dopo 5 anni perché adora la tranquillità della valle». –
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