«La cittadinanza un diritto inviolabile»

La sentenza a favore di due brasiliani è importante perché mette fine alla discriminazione delle donne prima del 1948
Di Irene Aliprandi

BELLUNO. La cittadinanza è un diritto imprescrittibile e fondamentale della persona umana, comprese le donne che hanno gli stessi diritti civili e politici degli uomini dal 1948. Importante sentenza, ieri, del Tribunale di Roma che ha dato ragione a due giovani brasiliani di origini bellunesi, che si erano visti rifiutare la cittadinanza italiana. Al centro del problema c’era proprio una questione di parificazione dei diritti tra generi, un tema che rimane di attualità anche nel terzo millennio e a pochi giorni dalla ricorrenza dell’8 marzo.

Poco più di un anno fa i due ricorrenti, fratello e sorella assistiti dall’avvocato Mario Mazzoccoli, hanno deciso di lasciare il Brasile per trasferirsi in Italia, dove hanno diversi parenti. Il loro punto di riferimento e ora luogo di residenza è Trichiana ed è lì che hanno chiesto la cittadinanza italiana. Nella primavera del 2016, però, il Comune ha dovuto rigettare la loro domanda, non potendosi dissociare dalle direttive del ministero dell’Interno. Al centro del problema c’era il destino di una bisnonna, l’ultima ascendente dei ragazzi nata in Italia.

La donna, infatti, sposò un brasiliano prima del 1948, quando era ancora in vigore la legge 555 del 1912. Sulla base di quella norma, tutte le donne che sposarono uno straniero persero la cittadinanza italiana e di conseguenza anche i loro discendenti. I due fratelli si trovavano proprio in questa situazione, ma sono numerosissimi i casi di stranieri di origini italiane che non riescono ad ottenere la cittadinanza perché nella linea di ascendenza c’è una donna che, con il matrimonio, ha perduto il suo status civitatis.

Italiani di sangue, ma non di diritto, sulla base di una legge che discriminava le donne.

Con la Costituzione del 1948 finalmente le donne conquistarono la parificazione dei diritti (compreso quello al voto) e infatti la Corte Costituzionale ha già sancito l’incostituzionalità della legge 555, riformata nel ’92, ma quel pronunciamento si applicava solo dal 1948 in poi. Parallelamente anche la Cassazione civile si è espressa, affermando che la legge del 1912 non si poteva applicare nemmeno per i casi precedenti al 1948, perché lo status civitatis, cioè la cittadinanza italiana, è un diritto imprescrittibile e fondamentale di tutte le persone e non può essere violato a prescindere da qualsiasi vincolo giuridico, oltre al fatto che risulta intollerabile la discriminazione ai danni delle donne causata dalla legge 555.

Proprio sulla scorta dei pronunciamenti della Corte Costituzionale della Cassazione civile, l’avvocato Mazzoccoli ha deciso di agire contro le direttive del ministero dell’Interno, con un atto di citazione ordinario davanti al Tribunale civile di Roma, che ha dato ragione ai ragazzi, applicando l’indirizzo consolidato in Cassazione, e riconoscendo ai due la cittadinanza italiana con una sentenza di dichiarazione dello status civitatis.

Il Tribunale ha anche condannato il ministero al pagamento delle spese.

Una conclusione positiva per i due giovani, che con il permesso provvisorio non potevano nemmeno lavorare, ma anche per molti cittadini stranieri di origini italiane con un problema simile. Proprio dal Brasile, nel periodo della crisi economica che colpì il Paese sudamericano nel 1999, arrivarono moltissime persone con ascendenti bellunesi, cercando di ottenere la cittadinanza italiana per poter vivere e lavorare in tutta Europa.

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