La crisi Wanbao. Quando Zanussi e Ceramica davano lavoro a 3 mila persone

li anni d’oro della Valbelluna tra gli anni Settanta e i Novanta, poi il lento declino Susana: «Scelte poco lungimiranti e sbagliate». Segat: «Eravamo un fiore all’occhiello»

La storia

Dai fasti del periodo del boom economico, continuati poi anche nei decenni successivi, alla drammatica situazione attuale, che rischia di mettere in ginocchio tutta la Valbelluna. Il polo produttivo della Sinistra Piave ha fondato le sue basi, sin dalla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, su due aziende che contribuirono in modo significativo allo sviluppo economico del territorio, favorendo l’occupazione e frenando l’emigrazione.

La Zanussi di Mel e la Ceramica Dolomite di Trichiana, negli anni d’oro, sono arrivate a dare lavoro, complessivamente, a quasi 3 mila persone (ora sono appena 800). Uno scenario che, allo stato attuale, è completamente cambiato.

Ma il declino non è arrivato all’improvviso: le sue radici affondano già nei primi anni Duemila. La Zanussi arrivò nel Bellunese grazie ai contributi del Vajont. A Mel la grossa azienda era proprio una novità. La costruzione della fabbrica iniziò nel 1966, lo stabilimento aprì nel 1968. Allora si chiamava Aspera Frigo. L’azienda fu poi acquisita dalla Zanussi e successivamente entrò a far parte del gruppo Electrolux. Alla fine degli anni Sessanta l’esperienza nuova della fabbrica attirò tantissime persone: mentre i capifamiglia continuavano a lavorare all’estero o fuori provincia, qui rimanevano le donne con i figli e cercavano occupazione proprio nelle aziende che sorgevano sul territorio.

«Credo che la crisi dell’ex Acc sia iniziata già nel 2001, con una prima cassa integrazione piuttosto “forte”», sottolinea Antonella Susana, che da 8 anni non lavora più nello stabilimento di Mel, ma ne è stata dipendente per ben 30 anni, ricoprendo anche il ruolo di delegata della Fiom Cgil. «Con l’ingresso in Electrolux ci furono gli investimenti (circa 20 milioni di euro, ndr) per la nuova linea dedicata alla produzione del compressore K, l’ultima generazione sbarcata a Mel. Già allora si parlava di esuberi».

Nel 2007 la cassa integrazione straordinaria. «In quegli anni la crisi dei volumi e la concorrenza all’interno del gruppo sono state deleterie», aggiunge Susana. «Pensiamo alla continua sfida tra Italia e Austria, che poi non ha portato alcunché di buono per nessuno dei due stabilimenti».

Quando le cose andavano molto bene l’ex Acc era arrivata ad avere 1.600 dipendenti. La media degli anni d’oro è sempre stata di 1.200-1.300 lavoratori. «Purtroppo sono state fatte scelte poco lungimiranti e sbagliate dal punto di vista industriale», dice ancora. «Pensiamo al trasferimento di due reparti di Mel a Rovigo. Una scelta presa perché quest’ultimo stabilimento non chiudesse. Poi si sa, invece, come sono andate le cose. In generale, spingere troppo sul costo del lavoro e sfruttare l’esistente con turni e sovraturni non può portare buoni risultati».

Le vicende più recenti sono note: dal commissariamento all’acquisto da parte della multinazionale cinese Wanbao.

La storia fatta di acquisizione e espansioni, seguite poi da un taglio della produzione e del lavoro, si replica all’Ideal Standard di Trichiana. La società Ceramica Dolomite nacque nel 1965 in seguito all’iniziativa di tre persone all’epoca impiegate nella società Scala di Pordenone, produttrice di apparecchiature sanitarie. Grazie ai finanziamenti statali ottenuti dalla provincia di Belluno in seguito al disastro del Vajont, i signori Bandiera, De Paoli e Pessot fondarono a Trichiana la Ceramica Dolomite in forma di società in accomandita semplice, con capitale sociale di 1 milione di lire. Nel 1966 cambiò forma sociale, diventando una società per azioni. «In quegli anni Ceramica Dolomite era un fiore all’occhiello non solo della Valbelluna, ma di tutta la provincia», mette in risalto lo storico dipendente, nonché rsu, Gianni Segat. «La strategia di differenziazione continuata nel tempo portò l’azienda ad avere un portafoglio prodotti per dare una risposta adeguata alle esigenze del cliente. Nel 1990 si producevano 1.235.000 pezzi, per un fatturato di 50 milioni».

Negli anni migliori l’azienda arrivò a sfiorare i mille dipendenti. Nel 1999 la fusione per incorporazione della Ceramica Dolomite con American Standard. Le scelte della nuova direzione portano alla chiusura degli stabilimenti ex ceramica Dolomite di Pordenone e di Torrenieri. «Quello che è successo dal 2009 a oggi lo sappiamo», conclude amareggiato Segat. —

Martina Reolon

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