La cultura ladina «traina» il turismo
Questo in sintesi quanto emerso dal convegno organizzato dall'Union di Ladign de La Ròcia a Rocca Pietore
In alto un momento del convegno A destra gli abiti tipici della tradizione ladina
ROCCA PIETORE
. Cultura ladina e turismo: un binomio vincente se non si cade nel "folklorismo" e si superano divisioni e localismi. Questo in sintesi quanto emerso dal convegno organizzato dall'Union di Ladign de La Ròcia nell'ambito delle iniziative per i trent'anni dalla fondazione dell'associazione. Peccato che tra il pubblico mancassero proprio i principali soggetti interessati all'iniziativa: ovvero gli albergatori. Un'assenza che il sindaco Andrea De Bernardin ha auspicato non sia una conseguenza del recente dimezzamento del contributo comunale alla locale associazione turistica. Comunicare cultura come identità. «Le manifestazioni folk hanno una loro dignità», ha detto Fabio Chiocchetti, direttore dell'istituto culturale ladino "Majon di Fascègn" della val di Fassa,«ma bisogna collegarle con quelle delle culture maggiori. Come per esempio il carnevale. La tradizione così non si sminuisce, ma si valorizza perché il turista la sente più vicina». Secondo Chiocchetti la lingua ladina non ha ancora raggiunto un livello comunicativo pari a quello, ad esempio, delle leggende di Karl Wolf. «Il turista», ha continuato citando un sondaggio effettuato tra gli ospiti della Val di Fassa, «percepise di essere in un'area ladina principalmente dalla insegne sulle strade e dal sentire la gente parlare il ladino nella quotidianità. Solo in minima parte dalle pubblicazioni». Per questo ha elogiato l'iniziativa dell'Istitut Cèsa de Jan che ha avviato un progetto per la cartellonistica stradale bilingue. Infine Chiocchetti ha però criticato la mancanza di un lavoro di squadra tra i ladini su questo tema, dove, ha evidenziato, «ognuno fa marketing per sè». L'esempio della Val di Fassa con "Ladinhotel". Guglielmo Lasagna, presidente dei Giovani Albergatori del Trentino, ha illustrato alcune iniziative avviate in Val di Fassa per concretizzare e lanciare il connubio tra cultura ladina e turismo. Iniziative che hanno preso il via alcuni anni fa dai giovani albergatori con azioni di conoscenza del territorio e della cultura, «che non deve essere intesa come un qualcosa da sfruttare ma da valorizzare nelle nostre strutture». «Si crea più rispetto», ha osservato, «se si è coscienti di chi si è». Così sono partite le prime iniziative degli albergatori più sensibili; come ad esempio con la scritta "benvegnus" (benvenuti) sulla porta dell'albergo, qualche rima in ladino messa sul tavolo o il sito internet dell'albergo anche in ladino. Da questa primavera ha preso il via Ladinhotel, un'progetto che porterà con sempre maggior assiduità ed in varie forme, il cliente dell'albergo direttamente contatto con la cultura ladina. «Potremo rinnovare le nostre strutture», ha concluso Lasagna, «ma ogni innovazione il cliente la potrà trovare da qualsiasi parte. Ciò che non potranno mai copiarci sono le nostre montagne e la nostra cultura». Le Dolomiti devono essere "l'altro". Pragmatico com'è nel suo stile, Stefano Illing, presidente di "Cortina Turismo" ha messo invece il dito nella piaga sui problemi cronici di cui soffre il turismo nelle vallate ladine bellunesi, per le quali la cultura ladina è certamente un elemento su cui puntare, ma che rischia, secondo Illing, di rimanere un obiettivo vuoto se prima non si risolvono problemi come la mancata innovazione, la scarsità di strumenti per azioni consortili, di collaborazione e coordinamento. «Una volta la montagna era il motivo per venire qui in ferie», ha esordito Illing. «Oggi la motivazione è cosa fare in montagna. Bisogna creare un prodotto turistico autentico, relativo a questo territorio, coordinato e completo e soprattutto comprensibile, quindi comuncabile. La globalizzazione spaventa la gente». La montagna è il vicino lontano. Chi ha un'identità forte è favorito. Le Dolomiti devono essere l'alterità. Se la città è rumore, qui si deve trovare silenzio. «Finora», ha continuato, l'unico prodotto turistico forte è il Dolmiti Superski. Ma non c'è niente per l'estate. Bisogna valorizzare la propria diversità adattando la cultura, per superare l'individualismo, la scarsa propensione al confronto e la forte polarità che ancora caratterizza la nostra gente, veri freni al nostro sviluppo turistico». Infine Alessandro Spagnoli, presidente del Consorzio Operatori Turistici marmolada ha citato come esempio da seguire proprio l'Alto Adige, «dove», ha ricordato, «ogni manifestazione è sempre legata all'identità ed al territorio».
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