La difesa attacca: «Solo indizi e la tentata estorsione non c’è»
CESIOMAGGIORE. Nessuna prova, diversi indizi. E una serie di consulenti di parte che hanno già consegnato i loro elaborati ai committenti.
La Procura della Repubblica ha commissionato tre perizie: informatica, calligrafica e psichiatrica. Oltre a tutto questo ci sono delle testimonianze, il materiale sequestrato e le intercettazioni ambientali. La difesa ha tralasciato solo l’informatica, che non le è indispensabile: «Ci sono state delle indagini difensive, naturalmente», dicono in coro gli avvocati Luciano Perco e Stefano Zallot, «di prove non ce ne sono di sicuro, tanto meno quella che si chiama prova regina. Sarà un processo indiziario e non è detto che gli indizi raccolti dalla Procura della Repubblica siano gravi, precisi e concordanti. Non c’è nemmeno il Dna sul quale lavorare e rimaniamo convinti del fatto che i nostri assistiti siano estranei ai fatti contestati. Siano innocenti, in poche parole».
Era stata annunciata un’udienza preliminare molto lunga, in realtà tutto si è risolto in poco più di un’ora: «Il tempo non mancherà durante il dibattimento, intanto abbiamo presentato delle eccezioni a nostro avviso fondate, a proposito del capo d’imputazione. Quasi tutte le contestazioni sono fondate su degli indizi, come dicevamo, ma l’ipotesi di reato di tentata estorsione nemmeno su quelli. Non regge proprio e non è dimostrabile, anche se il pubblico ministero l’ha sostenuta e il giudice non l’ha esclusa. Il rinvio a giudizio c’è stato per tutti i reati, ma contiamo di smontare la tesi accusatoria, anche con il ricorso a degli specialisti qualificati, che ci aiuteranno in questo compito».
Nemesio e Samuele Aquini l’avevano preannunciato e hanno mantenuto la promessa: non cercavano sconti con un rito abbreviato e tanto meno hanno tentato di patteggiare. Sostengono di essere pienamente innocenti e contano di uscire puliti da questo processo, che ritengono di non meritare: «Non abbiamo chiesto riti alternativi», concludono Zallot e Perco, «andiamo al dibattimento in aula, convinti che non ci sia niente di penalmente rilevante a carico dei due imputati e si possa arrivare a una sentenza di assoluzione». —
G.S.
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