La diocesi saluta il “suo” Maffeo Ducoli

Il vescovo Andrich: «Una celebrazione di carattere pasquale per dire grazie a una persona per noi molto preziosa»
Di Martina Reolon
Commemorazione mons Maffeo Giovanni; ducoli
Commemorazione mons Maffeo Giovanni; ducoli

BELLUNO. Una generosa testimonianza di servizio e di impegno per la terra bellunese.

Ieri sera nella cattedrale di Belluno, nel settimo dalla scomparsa, decine e decine di parroci della diocesi di Belluno-Feltre, autorità, rappresentanti di associazioni e tanti cittadini e fedeli hanno voluto rendere omaggio a colui che, per oltre vent’anni, dal 1975 al 1996, è stato pastore di tutta la comunità bellunese.

Il vescovo emerito monsignor Maffeo Ducoli è stato sepolto lunedì nel suo paese natale, Breno, in provincia di Brescia. E Belluno ha voluto ricordarlo con una cerimonia non solo di preghiera, ma anche di riconoscenza.

«Una celebrazione di carattere pasquale», ha sottolineato il vescovo Giuseppe Andrich, che ha presieduto la messa, «per esprimere gratitudine nei confronti di una persona che ha svolto negli anni un intenso lavoro pastorale, riservando in particolare attenzione per i più deboli e per i poveri. Non dimentichiamo poi che Ducoli ordinò 34 nuovi sacerdoti, che si aggiunsero ai più di 200 che nel 1975 erano presenti nella nostra diocesi. E furono più di 100 i sacerdoti che invece accompagnò al Campo Santo». Durante la celebrazione è stato ricordato anche il motto pastorale di Ducoli, “Prendi il largo”, e alcuni passaggi significativi di quell’omelia del 21 gennaio 1966, quando si apprestava a lasciare Belluno.

Un’omelia in cui aveva sottolineato la tristezza del momento del commiato, ma anche il fatto che «tutto passa, solo Dio resta, a chi ha Dio non manca nulla». Un messaggio di forza e di speranza, che Ducoli aveva incarnato anche nella propria opera. Ordinato sacerdote nel 1942 a Savona, fu per un periodo al servizio della Santa Sede e inviato in diversi luoghi, tra cui Honduras e Nicaragua. Per lunghi anni ricoprì la funzione di Segretario di Stato. «I vent’anni che passò nella nostra terra», ha messo in risalto Andrich, «furono ricchi di momenti di gioia e anche di rapporti speciali con due Papi: Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. Potenziò l’impegno missionario diocesano, in particolare in Africa. Diede impulso alla pastorale giovanile, familiare e si prodigò per l’aiuto verso gli anziani». «Le sue opere materiali», ha voluto evidenziare Andrich, «sono un segno che resterà nel futuro. A cominciare dal restauro da lui voluto della cattedrale di Belluno e passando per il Santuario del Nevegàl e il Centro Papa Luciani». Un anticipatore dei tempi, quindi, Maffeo Ducoli. Il vescovo ha anche espresso un grazie particolare a don Vinicio Marcon, per 19 anni braccio destro di Ducoli e vicino a lui fino alle ultime ore. «L’augurio e il messaggio di speranza che oggi vogliamo dare», ha detto ancora Andrich, «è che la memoria di riconoscenza dei nostri defunti ci smuova, prima di tutto a un rinnovamento interiore».

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