La “fabbrica” del batterio killer Apparecchi già infetti alla fonte
Quella macchina ha un cuore di tenebra. Ideata per proteggere dagli sbalzi di temperatura i pazienti operati a cuore aperto per valvole o bypass, il dispositivo per ipotermia modello “Stockert 3T” della britannica LivaNova (oligopolista nel settore) li ha infettati con un batterio micidiale, il Chimaera sì, seminando morte e contagio. Né il bilancio provvisorio di 8 vite perdute, pure drammatico, tragga in inganno: rappresenta semplicemente l’esito (parziale) degli accertamenti compiuti in Veneto (6 vittime) e in Emilia-Romagna (2), le sole regioni che hanno intrapreso indagini microbiologiche approfondite sui decessi, a fronte di una diffusione pluriennale della strumentazione “incriminata” nelle cardiochirurgie ospedaliere di ogni parte d’Italia.
gli ospedali colpiti
Tragica fatalità? No davvero. A conclusione delle indagini disposte dal direttore Domenico Mantoan negli ospedali veneti colpiti dal Mycobacterium (Vicenza in primis, e poi Treviso e Padova), gli ispettori della sanità regionale tracciano un quadro inquietante di silenzi e negligenze, che chiama in causa anzitutto le autorità di vigilanza dell’Unione europea ed il ministero della Salute. A colpire, soprattutto, è la circostanza che risale al dicembre 2015, allorché una delegazione della Food and Drug Administration (l’agenzia federale degli Stati Uniti plenipotenziaria in ambito igienico-sanitario) compì un sopralluogo nello stabilimento tedesco che produce i macchinari su licenza della multinazionale di Londra, riscontrando una contaminazione batterica in atto, favorita dalle violazioni dei processi destinati alla pulizia e alla disinfezione dei termoregolatori.
la dinamica accertata
Ciò spinse la Fda a sospendere cautelativamente l’importazione del prodotto negli Usa, previa una “lettera di avvertimento” al direttore esecutivo di LivaNova, sollecitato ad assumere tempestivi provvedimenti. Un invito destinato a cadere nel vuoto perché le successive iniziative della casa produttrice – che inviò agli utenti ospedalieri quattro diversi protocolli di sterilizzazione dell’apparecchio in altrettanti anni – si rivelarono prive di efficacia, nel silenzio assordante delle autorità vigilanti di Bruxelles e di Roma, pure destinatarie di segnalazioni allarmate da vari Paesi europei. Il sospetto, sempre più consolidato, è che a scatenare il contagio – più che la diffusione aerea del germe tramite i vapori acquei sprigionati dalla tanica di raffreddamento– sia stata proprio l’infezione “alla fonte”, negata, misconosciuta e alla lunga fatale.
dossier ai magistrati
Un capilolo nerissimo, sul quale stanno investigando le Procure di Vicenza e Treviso, innescate dagli esposti dei familiari del medico anestesista Paolo Demo e dell’amministratore locale Giovanni De Lorenzi, uccisi dal batterio .Oggi, a Padova, il rapporto ispettivo sarà illustrato alla Commissione regionale per le infezioni ospedaliere (l’organismo degli esperti presieduto da Francesca Russo) che ne sancirà la trasmissione agli uffici giudiziari competenti ed al ministero. Probabile l’avvio di una procedura di azione civile risarcitoria nei confronti della casa produttrice, che per parte sua definisce «evento molto raro» la trasmissione del Chimaera, rinviando al mittente gli oneri di sterilizzazione e profilassi.
strumenti in sicurezza
Buone notizie? Una, non di poco conto: oggi tutti i macchinari negli ospedali veneti risultano in sicurezza perché dotati di tenuta stagna e mantenuti all’esterno delle sale operatorie. Nel frattempo, però, il killer silenzioso ha agito. Con un tasso di mortalità che si attesta al 50% e un arco di incubazione esteso fino a sei anni. Uno spauracchio che indurrà la sanità del Veneto a richiamare circa 1500 pazienti per uno screening mirato. —
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