La famiglia Martini chiama «Chi l’ha visto?»
MEL. Ci vuole «Chi l’ha visto?». Ma basterà un po’ di clamore mediatico in televisione, per fare in modo che si cominci davvero a fare luce sull’omicidio in Colombia di Emanuele Martini? Per non lasciare niente a metà, la famiglia del 44enne autista zumellese ucciso a colpi di arma da fuoco quattro mesi fa a Santiago de Cali prova anche questa strada: «Non abbiamo buone notizie dal Sudamerica», ammette l’avvocato italiano Antonio Ariano, «ma i familiari hanno deciso di tentare anche questa strada, di fronte al fatto che non si riesce a sapere niente di preciso. Non stiamo cercando nessuno, perché il compito di trovare il colpevole dell’assassinio spetta alle forze di polizia locali, ma bisogna che l’attenzione su questo caso non cali assolutamente».
Un arresto c’era anche stato. Alla fine di giugno, tre settimane dopo l’agguato mortale di mercoledì 8, la polizia di Santiago aveva messo le manette ai polsi di un certo Jhon Freddy, l’uomo di mezza età che il 16 dicembre di due anni fa aveva aggredito Martini, rendendolo cieco da un occhio con la canna di una pistola. Ma paradossalmente il fatto che il tassista originario di Mel sia morto ammazzato, pur a distanza di diverso tempo, lo scagiona anche da quella accusa e il procedimento è stato inesorabilmente archiviato.
Di fronte a una procura colombiana e a un’ambasciata italiana a Bogotà che non le davano alcuna informazione, con la scusa che le indagini erano ancora in corso e vigeva il segreto istruttorio, la sorella Martina si era rivolta al ministero degli Esteri e il contatto romano con i funzionari della Farnesina sembrava promettente. In concreto, non si è andati al di là dell’indicazione di dotarsi di un avvocato colombiano, che potesse seguire più da vicino la vicenda, ma questa pista è stata abbandonata molto presto per motivi esclusivamente economici. Nessuna riserva sull’affidabilità dei legali di quelle latitudini, in compenso molte perplessità sul loro costo: «Faccio l’operaia e ho una famiglia alle spalle», aveva detto a suo tempo, «non abbiamo le possibilità per attrezzarci in questa maniera, per di più senza alcuna garanzia di avere dei risultati tangibili».
Parte quindi una telefonata alla Rai, per avere un po’ di attenzione su una vicenda che altrimenti finirebbe in un dimenticatoio ancora più profondo di quello attuale: «Stiamo prendendo contatti», riprende Ariano, «in modo che la famiglia Martini possa avere questa possibilità. Nel frattempo non abbiamo avuto alcuna informazione dalle autorità colombiane e questo silenzio è preoccupante». (g.s.)
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi