La febbre del Palio contagia tutta la città

Dopo un anno di preparativi e di attesa sta per scattare la nuova edizione. Castello è la contrada da battere
gian paolo perona-perona- feltre- palio
gian paolo perona-perona- feltre- palio

FELTRE. Il Palio è attesa, è vita di contrada, ma è anche lavoro di centinaia di volontari. Ma adesso ci siamo.

È Palio, con la competizione, il campanilismo dei quartieri, la tradizione, il turismo. C’è di tutto nella manifestazione regina della città, che nella rivalità, in fondo, si unisce.

Una rievocazione storica che si ripete da trentasette anni, ma questa è l’edizione numero trentotto, dal momento che nel 1997 si disputò un’inedita doppia sfida, oltre ad agosto anche a maggio per l’abbinamento con una lotteria nazionale. I tamburi e le bandiere colorano ancora di più una festa fatta di emozioni, sogni e desideri. Ci sono gli arcieri, gli staffettisti, i tiratori alla fune e i cavalli a tenere col fiato sospeso i contradaioli, con la tensione e l’adrenalina che salgono in corpo a mano a mano che ci si avvicina al momento clou della manifestazione: quell’attimo o poco più di corsa, preceduta dal corteo storico mentre la città è tornata indietro nel tempo, al Medioevo.

C’è chi aspetta da otto anni, cioè Port’Oria, “nonna” del Palio con l’ultima vittoria, la sua sesta nel 2007. Il quartiere da battere è Castello, che ha conquistato il drappo l’anno scorso ed è anche quello che ne ha vinti di più: tredici. Il Duomo ne ha dieci e otto Santo Stefano, che ha festeggiato una volta negli ultimi ventidue anni, nel 2008, quando interruppe il digiuno dal 1993. Ma la fame di vincere è la stessa per tutti.

Siamo alla vigilia delle gare e la febbre è già alta, con la città che in questi giorni vivrà di pane e Palio, non solo perché stasera si comincia con le cene di quartiere, antipasto del week-end di competizioni che tra domani e domenica trasformeranno riti e rivalità in una sfida che si rinnova.

Oggi si scende in strada a mangiare in attesa di andare domenica mattina in chiesa a raccomandarsi, portando anche i cavalli sul sagrato del Duomo per essere benedetti in un mix di sacro e profano. I quartieri inseguono il “palio picto” (il drappo dipinto quest’anno dalla fiorentina Paola Imposimato, che rimarrà di proprietà del vincitore) e il “palio dei ducati”, costituito da un drappo rosso su cui sono cucite quindici monete - i ducati appunto - in metallo dorato e che passa di mano in mano da un anno all’altro.

Tutto iniziò nel 1980, o meglio nel 1978, quando in occasione del sesto centenario della nascita dell’educatore Vittorino da Feltre si decise di ricordare la data in cui Feltre - era il 15 giugno 1404 - donò sé stessa alla Serenissima di Venezia per proteggersi. Nel 1979 ci fu la prima rievocazione storica e l’anno seguente fu ripristinato il Palio dei quindici ducati, con la divisione della città nei quattro quartieri che da allora se lo contendono.

Trentasei anni fa vinse Santo Stefano, ma nel 1980 c’era il tiro degli anelli e non la gara dei cavalli, che cominciò, in ossequio alla storia locale e agli statuti - «venne stabilito di porre un premio (unum bravium) di ben quindici ducati d’oro perché si svolgesse una gara di cavalli» - quando si ebbe a disposizione il circuito di Pra’ del Moro. Il Palio moderno, rispetto a quello quattrocentesco che doveva essere celebrato a metà giugno, ha spostato la data alla prima domenica di agosto pensando ai vantaggi turistici. Da allora, la manifestazione ricorda sé stessa nella rievocazione storica e oggi inizia la lunga attesa che porta alla consegna del drappo, per uno dei quattro quartieri, che poi salirà in piazza Maggiore per issare sul pennone il suo stendardo, dove resterà fino all’anno prossimo.

Raffaele Scottini

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