La festa delle donne: «I diritti esistono solo se vengono attuati»
BELLUNO. Le donne scendono in piazza per far sentire la propria assenza. Nella giornata in cui si è celebrato lo sciopero globale delle donne, Belluno si è riempita grazie alla rete “Non una di meno”. Movimento nato in Argentina, dopo la drammatica ed efferata uccisione di una giovane ragazza, e che si è diffuso in tutto il mondo per fare in modo che simili episodi di violenza non si ripetano mai più. La rete si è costituita da qualche settimana anche nel capoluogo. Si è costruita all’interno della Casa dei beni comuni grazie ad un gruppo di ragazze che combatte la violenza e rivendica i diritti.
«È stato steso un documento di otto punti contro la violenza di genere», ha ricordato Chiara Sacchet dal palco, introducendo la manifestazione. «Il documento parte dall’assunto che la violenza di genere si elimina solo in modo sistemico. Questa è una lotta che ci riguarda tutte, perché i diritti esistono solo se vengono attuati nella realtà».
La serata è iniziata con lo spettacolo di Flo, che con la magia del fuoco ha entusiasmato i presenti. Poi, sul palco, sono salite otto rappresentanti delle realtà che fanno parte della rete, ciascuno per raccontare perché lo sciopero riguarda tutti. A introdurre le testimonianze è stata Francesca.
La prima a salire sul palco è stata Mara, dell’associazione BellunoDonna. Ha ricordato che il centro antiviolenza, dall’apertura nel 2004, ha accolto 677 donne, «una media di 57 all’anno, un nuovo contatto ogni settimana». L’apertura del centro a Feltre ha dimostrato che quando BellunoDonna si avvicina al territorio le donne la cercano. «Ma servono finanziamenti sicuri, certi, e la condivisione delle metodologie, affinché resti un luogo di donne per le donne, senza assistenzialismo».
Poi Anna dell’associazione Terza partita di Feltre ha raccontato cosa significa abortire e rivendicato il diritto delle donne a poter decidere se portare avanti una gravidanza o se interromperla (diritto previsto da una legge, la 194). E ancora il diritto di avere luoghi di lavoro liberi dalla violenza di genere, di avere strumenti per le donne e per chiunque si trovi a dover affrontare la marginalità, il diritto di dare voce alla vecchiaia e alle molte donne migranti che da anni vivono sul territorio e qui svolgono lavori di cura.
La rete chiede che anche in provincia il lavoro culturale di contrasto alla violenza passi attraverso una sistemica educazione alle differenze, e che vengano difesi e promossi spazi di mutualismo e spazi di condivisione, materiale e non, della maternità e della genitorialità.
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