La Goppion Caffè rileva il Deon
A gestire lo storico locale saranno gli stessi titolari del Bar Dolomiti
Il Deon prima della chiusura
BELLUNO.
E’ stato rilevato dalla trevigiana Goppion Caffè il bar Deon, che sarà gestito da Giampaolo Candeago e Giorgio Boito, titolari del bar Dolomiti. Ieri, in tribunale, davanti al giudice Mullig, c’erano i due concorrenti: Paola Goppion da un lato e dall’altro la figlia di Rodolfo Vittoria. Deserta, invece, l’asta per il Manin.
Dopo alcuni rilanci, che secondo quanto stabilito dalle regole d’asta dovevano essere come minimo di 3000 euro, alla fine lo storico locale se l’è aggiudicato la Goppion. Esultante la titolare della famosa casa di caffè: «E’ il secondo spazio importante che porterà il nostro marchio sulla piazza di Belluno». Sul prezzo di acquisto, però, gli acquirenti mantengono il massimo riserbo. «Possiamo dire soltanto che ci sono stati alcuni rialzi e il locale è stato pagato a un prezzo equo», ha detto Renato Montirosso, del gruppo Goppion.
Più che contenti Candeago e Boito. «Non credevamo che potesse succedere», hanno dichiarato, «anche se lo speravamo». Il più entusiasta è Giampaolo Candeago, che da 18 anni gestisce il bar Dolomiti col marchio Goppion. «Era un mio sogno gestire il Deon. Da anni, infatti, sognavo che mi davo da fare per trovare il personale».
Ma come diventerà lo storico bar? «Ancora non lo abbiamo visto all’interno, anche se da quanto abbiamo saputo non è messo male, per cui crediamo che non necessiterà di molti interventi», dicono i due nuovi gestori. «Ci sarà da sistemare il tendone e il plateatico. Per quanto riguarda la pasticceria dobbiamo decidere se mantenere il laboratorio o affidarci all’esterno. Comunque sia, manterremo la struttura originaria del locale: per questo motivo entro la fine dell’anno il Deon riaprirà i battenti».
Molte le idee per rilanciare non solo il locale, ma anche il centro. «Vorremo far rivivere la città, per cui pensiamo di introdurre la musica e di organizzare degli happy hour. Tutto per attirare i giovani», precisa Candeago, che coglie l’occasione anche per togliersi dei sassolini dalla scarpa. «L’amministrazione comunale da un lato vuole la città vivibile, dall’altro, però, deve concedere di più. Noi abbiamo messo dei paraventi all’esterno, ma sono già caduti tre volte: non possiamo fissarli perchè l’amministrazione non dà l’autorizzazione. La verità è che al turista che ritorna a Belluno bisognerebbe dargli la medaglia d’oro, perchè pochi sono i bar e i ristoranti aperti e non c’è un punto di informazione segnalato. Più volte abbiamo detto al Comune di mettere dei gazebo in piazza, con l’elenco dei locali aperti, con le manifestazioni, ma non è stato fatto nulla. La verità è che non riusciamo a tenerci qui il turista».
Nei prossimi giorni, quindi, il Deon aprirà le sue porte ai nuovi proprietari. Per vedere come andrà, non resta che attendere. Intanto, ieri c’è stata anche un’udienza per la verifica del passivo della società Rovigest, che gestiva i due bar Manin e Deon: è stato confermato il buco con l’erario di quasi 500 mila euro, oltre ad alcuni canoni di locazione arretrati da versare alla proprietà del Manin, cioè l’Unicredit.
E proprio sul Manin la questione resta ancora aperta. «La vicenda per il Manin è più delicata e complicata», dice il curatore fallimentare, avvocato Luciano Licini. «Da quanto mi è stato detto, le persone interessate all’acquisto si sono tirate indietro per l’elevato costo del canone di affitto, pari a 8000 euro al mese, il che significa 96 mila all’anno. La cifra non è indifferente. Soltanto se il proprietario deciderà di rivedere il canone al ribasso, naturalmente, si potrà pensare di procedere a una nuova trattativa, altrimenti...».
Si dichiara soddisfatto anche il sindaco Antonio Prade che, a Roma, è stato informato della parziale conclusione della vicenda. Resta però l’amaro per il Manin: «Cercheremo di fare tutto il possibile per far capire ai proprietari che l’attuale richiesta di canone rende difficile la vendita del locale, con il rischio concreto che l’esercizio rimanga chiuso ancora per molto tempo. L’intenzione dell’amministrazione comunale», ribadisce Prade, «è quella di mantenere lì un bar-caffetteria. Ma se non sarà venduto si potrebbe far avanti anche la richiesta di un cambio di destinazione d’uso che, in quel caso, il Comune non approverà».
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