La guida turistica Valentina scommette sull’agricoltura

SOSPIROLO
La cura del territorio non si fa soltanto con la manutenzione, la protezione di specie e biodiversità, l’agricoltura, l’allevamento e la trasformazione, ma anche con la promozione. La questione è centrale e sono molti gli enti e i progetti che stanno cercando di darle un carattere e un’immagine quanto più coordinata possibile.
Da due anni le ideatrici del progetto “DDolomiti” stanno cercando di farla lanciando il brand dei “custodi del territorio” e anche loro, i protagonisti di questa rubrica, stanno provando a raggrupparsi attorno a un obiettivo comune, quello di valorizzare le produzioni tipiche, etiche e sostenibili della nostra provincia.
La 39enne Valentina Pilotti fa un po’ questo un po’ quello: laureata in lingue e appassionata da sempre di turismo, fa la guida ma anche l’agricoltrice, seguendo le orme dei genitori Angelo e Luigina Casanova, che la aiutano ogni volta che possono e che hanno dato vita al piccolo frutteto casalingo seme di questa avventura. Così nel 2012 Pilotti ha aperto la partita Iva agricola.
La sua attività ha un nome particolare.
«L’ho voluta chiamare “Agricornia” vista la mia passione per il mondo leggendario e mitologico, anche delle nostre Dolomiti. “Cornia” era una città che secondo i racconti popolari è stata sepolta dal crollo di una porzione del monte Peron come punizione per l’avarizia dei suoi abitanti: di qui la nascita della zona sassosa delle Masiere, tra Sospirolo e Le Roe. Sono partita dall’ampliamento del frutteto di famiglia, fatto soprattutto di meleti e noccioli, proprio in questa località “mitologica”, aggiungendo con il tempo ortaggi, fagioli e patate. Mi divido tra qui e Cencenighe, dove vivo con mia figlia Stella Manfroi e il mio compagno e dove ho messo a dimora altre piante, per sfruttare anche i piccoli terreni che abbiamo lassù. In tutto si parla di due ettari da lavorare a mano, di cui una parte riservata allo sfalcio da vendere».
Il suo primo lavoro però è la guida turistica.
«È l’altra mia grande passione, perché se lavorare la terra significa rendere bello il territorio purtroppo per me ancora non rappresenta il reddito principale, anche se è fondamentale per attrarre visitatori. Lavoro con le agenzie di viaggio per organizzare visite tematiche, seguendo gli itinerari delle storie leggendarie dei nostri luoghi oppure tra le piccole aziende agricole del Bellunese. Mi è sempre piaciuto l’aspetto etnografico, che cerco di legare a miti e aneddoti agresti. Tanti pensano che una guida sia solo un’esperta di architettura e storia dell’arte, ma la mia formazione non è prettamente di quel tipo. Chi si affida a te spesso non è un esperto della materia e per questo è in cerca di altre suggestioni».
Pensa che la provincia di Belluno sia promossa nel modo giusto?
«Penso che manchi una regia e che basterebbe copiare un po’ di più da quello che fanno gli altri. Non possiamo agire come singoli, parlo delle guide ma anche dei consorzi turistici, dovrebbe esserci un ente sovraordinato che coordini tutte le iniziative che nascono sul territorio, pregevoli ma scoordinate. In generale la gente cerca sempre più gite esperienziali, ma da noi arrivano quasi solo persone della terza età. Vanno richiamati altri tipi di turisti e in altri periodi».
Come l’ha condizionata l’emergenza Coronavirus?
«Il lavoro delle guide è fermo da tempo ma spero che serva per rivalutare la montagna, come ho sentito dire in questi giorni. Non dev’essere soltanto uno spot pubblicitario ma una vera e propria occasione di rilancio, che però va accuratamente governata per non snaturare il contesto in cui viviamo. Abbiamo tempo lenti che vanno rispettati. Ho sentito parlare di tour virtuali anche per continuare a visitare le nostre bellezze ma è un’idea che mi lascia decisamente perplessa: la montagna va vissuta. Come agricoltrice, invece, ho avuto un calo nei punti vendita dei prodotti trasformati, ma il periodo lo consente visto che siamo all’inizio della stagione agricola. Spero che con l’estate si possa riprendere il commercio senza problemi».
Cosa pensa del progetto DDolomiti?
«Ho visto le prime pubblicazioni su Facebook attraverso la loro pagina, così le ho contattate proponendomi come una custode, perché sentivo di esserlo profondamente. Volevo entrare a farne parte e mi hanno accolta subito volentieri. Trovo sia un’iniziativa lodevole, sono state brave soprattutto per essersi messe così tanto in gioco dopo il disastro di Vaia, lanciando uno stimolo per far conoscere il bello del nostro territorio. Ricordo che quell’inverno, mentre lavoravo all’agriturismo Piccola Baita di Falcade (altro custode del territorio, ndr), arrivavano ordini in continuazione grazie al loro lavoro. È stato di enorme aiuto in un momento difficile per tutti e speriamo che questo messaggio possa raggiungere tutta l’Italia anche fuori da queste tragedie». –
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