La “latteria dei siori” cresciuta grazie agli assaggi

CESIOMAGGIORE. Non è stato facile scalzare la diffidenza dei contadini del 1957 affinché conferissero il latte alla “stala dei siori”. E con pazienza, passo dopo passo, prima Mario Turrin, primo...

CESIOMAGGIORE. Non è stato facile scalzare la diffidenza dei contadini del 1957 affinché conferissero il latte alla “stala dei siori”. E con pazienza, passo dopo passo, prima Mario Turrin, primo presidente della cooperativa, poi Giovanni Zallot, ultimo socio fondatore vivente, per arrivare a Saverio Donazzolo ai vertici dell’azienda dal 1960 al 2010, sono riusciti a conquistare gli allevatori e contribuire allo sviluppo e alla crescita di quella che adesso è l’impresa più rinomata e produttiva del territorio feltrino.

Ma non è stato facile. E davanti alla platea di autorità civili, militari e religiose, con il vescovo Renato Marangoni, si sono succedute le testimonianze, con aneddoti gustosi, di chi direttamente o indirettamente ha fatto o conosciuto la storia di questa impresa virtuosa.

Anna Turrin, il babbo lo ha visto poco quando era bambina. «Era sempre in latteria», ha raccontato la figlia del primo presidente. «E tutte le sere andava, fra borgate e frazioni, a spiegare agli allevatori benefici e indotti portati da questa nuova creatura che era lo stabilimento. Mi ricordo i viaggi a Roma, mica per visitare la città. Di Roma conosceva solo il ministero per la richiesta di contributi. E non era più nemmeno tanto giovane, perché aveva 63 anni». La “latteria dei siori”, nella collettiva e diffidente definizione di allora, è costata 110 milioni delle vecchie lire, ha detto Saverio Donazzolo. «Grazie all’intercessione dell’onorevole Riva abbiamo ottenuto un contributo di cinquanta milioni di lire. Per il resto sono andato a battere cassa dagli allevatori e da quelli che sono diventati soci della cooperativa».

E se ora ci sono colori e loghi e brochure patinate che rendono onore all’immagine dell’azienda, una volta erano gli assaggi a fare il marketing. «Non si ricorda mai il padre del direttore Bortoli», ha detto Giovanni Zallon, ultimo socio fondatore vivente. «Ma è stato lui a fare educazione al lavoro e a far assaggiare la qualità tirando fuori dalle tasche gli assaggi di prodotto fresco. Quello sì era marketing». L’invito di oggi che l’impresa è florida e rinomata, a trovare una comune identità per promuovere la collaborazione intersettoriale è giunto da don Lino Mottes, che nel ’57 aveva assistito il vescovo Muccin nella benedizione del mattone angolare. (l.m.)

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