«La legge è positiva» ma il terzo settore teme l’accorpamento
BELLUNO. La riforma del Terzo Settore è legge e, accanto alla soddisfazione per un processo atteso da anni, non mancano le preoccupazioni a livello locale. Lo spiega Giorgio Zampieri, presidente del Centro di servizio per il volontariato della provincia di Belluno, una realtà che con soli tre dipendenti riesce ad essere un punto di riferimento essenziale per 1.700 associazioni con circa 36 mila persone coinvolte. Il Csv sospende il giudizio in attesa di vedere i decreti attuativi, che dovranno mettere chiarezza ai punti ancora incerti della normativa. C’è, in particolare, un aspetto che Belluno guarda con timore: l’ipotesi di un accentramento dei Centri di servizio, fatto che porterebbe alla chiusura delle realtà periferiche come la nostra.
«Una legge di riforma del Terzo Settore è importante e gli elementi positivi sono molti», premette Zampieri, che sottolinea come la norma renda più semplice fare volontariato e introduca una maggiore equità nei finanziamenti, grazie all’introduzione di un registro unico nazionale e di criteri di valutazione uniformi. D’altro canto, proprio il registro nazionale, la progressiva riduzione dei finanziamenti delle Fondazioni bancarie e le pressioni delle grandi associazioni potrebbero portare ad una “razionalizzazione” del sistema.
«Attualmente esistono, in Italia, ben 33 registri del volontariato», ricorda Zampieri, «e i criteri sono sempre diversi. L’uniformità della valutazione e il registro unico vanno salutati con favore, così come è positivo che domani tutte le associazioni possano rivolgersi al Csv. Noi non abbiamo mai guardato la provenienza e abbiamo sempre aiutato chi ci chiedeva una mano, ma è bene che in futuro diventi “ufficiale”. Quello che noi realtà più piccole temiamo è che si decida di concentrare la gestione del volontariato a livello regionale, facendo perdere autonomia, se non addirittura chiudendo i centri minori. A Belluno», spiega ancora Zampieri, «abbiamo una popolazione e un’economia limitate, quindi potremmo essere a rischio. Finora la Regione ha appoggiato le nostre battaglie, ma non sappiamo molto riguardo al futuro. Senza decreti attuativi è difficile immaginare cosa succederà».
Ma una cosa è certa: «Il territorio va garantito, perché senza un punto di riferimento locale come il Csv di Belluno, le piccole associazioni chiuderebbero: ce lo hanno già detto, perché non sarebbero in grado di gestire la burocrazia con un interlocutore a Venezia».
Associazioni piccole, ma per niente secondarie, visto che il Terzo Settore assume spesso un ruolo di supplente a quanto le istituzioni non riescono a fare e, specie nei territori più marginali, rappresentano una rete sociale insostituibile.
I numeri lo confermano, dato che in provincia di Belluno esistono ben 1.700 associazioni (compresi i piccoli gruppi parrocchiali e il dilettantismo sportivo) delle quali 585 vere e proprie e tra queste 202 godono del diritto di usufruire della legge che dà accesso agli stanziamenti delle Fondazioni bancarie che, per legge, devono destinare al volontariato un quindicesimo dei loro utili. Il Csv conta 172 associati, ai quali si aggiungono le 50 sezioni dei donatori di sangue. «I soldi sono il vero problema», conclude Zampieri. «Dal 2008 a oggi le Fondazioni hanno ridotto il loro apporto del 60%. A Belluno in passato arrivava un milione di euro, oggi siamo a 400 mila euro. Ci rimettono le associazioni, con bandi ridotti, ma molti preferiscono rinunciare ai grandi progetti che alla presenza di un Csv provinciale. I criteri di ripartizione dei soldi e il futuro dei Centri di Servizio sono elementi essenziali, che speriamo conoscere a breve».
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