“La luce a Belluno”, nel libro di Toni Sirena tutta la storia della prima illuminazione

Nelle vicende si inserisce anche la nascita della Sade, un duello alla sciabola tra due direttori di giornali e i sabotaggi

BELLUNO

Belluno accese la luce per la prima volta nel 1897. Fu il secondo grande passo dentro la modernità.. Il primo era stato, nel 1886, l’arrivo del treno a vapore. L’evento fu salutato con una grande festa al Teatro Sociale (quello che oggi è il Teatro Comunale).

I dettagli di quella vicenda sono ora ricostruiti in un nuovo libro da Toni Sirena (“La luce a Belluno”, ed. Libreria Campedel). Il testo è accompagnato da numerose fotografie dell’epoca.

Belluno fu il terzo comune della provincia di Belluno a dotarsi di una rete di illuminazione elettrica. Il primo era stato Santa Giustina (1889, ma per un breve periodo), il secondo Longarone (1896). A Belluno va però il primato di aver costruito la prima centrale idroelettrica che raggiungeva i 300 kW di potenza, considerata di grandi dimensioni all’epoca.

Per derivare l’acqua il Comune scelse il Caorame, nel territorio di Cesiomaggiore, a ben 26 chilometri di distanza. L’impianto serviva anche Feltre, Sedico e Santa Giustina.

In un primo momento si era pensato, naturalmente, all’Ardo, ma il progetto era stato scartato perché si ritenne che nei periodi di magra non ci sarebbe stata acqua a sufficienza. Le prime idee erano state presentate fin dal 1890, ma ci vollero anni di discussioni per vederle realizzate. Non fu dunque una gestazione facile, anche se va detto che non erano trascorsi molti anni dalla costruzione del primo impianto di illuminazione elettrica in Italia, inaugurato a Milano nel 1883 (si trattava tuttavia di una centrale termoelettrica), appena un anno dopo la prima centrale al mondo (New York).

Oltre a dar conto dell’acceso dibattito cittadino di quegli anni, l’autore ricostruisce anche le vicende successive, segnate da polemiche politiche e tecniche e da lunghe vertenze giudiziarie relative al rispetto del contratto di servizio, alla possibile gestione in proprio grazie alla prima legge sulle municipalizzazioni del 1903, ad una serie di passaggi da una società all’altra che portarono alla fine ad approdare alla Sade.

Sono tutte storie di un’unica vicenda, per nulla secondarie. Basterà accennare al fatto che la Sade, costituita a Venezia nel 1905, poteva avvalersi all’inizio soltanto di 300 kW di potenza intallata, e che proprio Giuseppe Volpi, il “creatore” della Sade, aveva acquisito fin dal 1903, attraverso una propria società appositamente costituita, l’impianto del Caorame.

Si può dire insomma che proprio a Belluno mosse i primi passi quella grande società monopolista destinata a diventare – come fu poi definita – “uno Stato nello Stato”.

Il contestato passaggio alla Sade e la spietata concorrenza, ai limiti della frode in commercio, che la Sade fece ad una nuova società bellunese, che nel frattempo aveva costruito una centrale sull’Ardo riesumando il progetto iniziale, sono al centro delle due cause giudiziarie intentate dal Comune.

Ma alla fine la giunta comunale cambiò colore, sopraggiunse la guerra, e alla fine, con il fascismo, la Sade consolidò il suo potere. Le due centrali (sul Caorame e sull’Ardo) restarono così entrambe alla Sade.

Il libro contiene anche parecchi aneddoti curiosi come, per esempio, un duello alla sciabola (e al primo sangue) tra i direttori di due giornali rivali, i sabotaggi sulla linea - certamente ben orchestrati - e l’appartenenza comune, nonostante rappresentassero opposte parti in causa, di Achille Gaggia e del sindaco Vittorio Zanon al godereccio “Circolo dei Menarrosti”, considerato espressione della massoneria locale. —

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