«La mia vita è rovinata, ma lotto ancora»
BELLUNO. Centomila euro spariti e l’impunità. La vita di Carla Giozzet è cambiata, dopo la maxitruffa da 40 milioni euro di Gd Consulting e la sua rabbia è inacidita dal fatto che Gianpiero Addis Melaiu le aveva pronosticato come sarebbe andata a finire: tranquilla, tanto non succederà niente. Da allora è conosciuta come la “pasionaria” della Gd e non ce l’ha solo con la mente dell’operazione, ma anche con chi ha indagato e con le istituzioni. Non ci saranno risarcimenti danni in Italia, mentre gli oltre 200 investitori sono stati tartassati dalle sanzioni tributarie.
Giozzet ha una cantina, nella quale conserva quintali di documenti e sta facendo tutto quello che può, affinché non finiscano in soffitta. Tre cartelle piene di carte all’incontro in un bar cittadino ed è solo una piccola parte. Non può mostrare tutte le mail o i messaggi su Facebook con Addis Melaiu che ha collezionato.
La sua sintesi è «una schifezza». Tutto era cominciato con la scelta d’investire nel mercato dello scambio di valute Forex di Londra: «Ci ho messo soltanto 3 mila euro, per entrare nel processo, ma mia nipote Renata i 75 mila di un risarcimento danni per un incidente stradale e mio figlio Stefano 30 mila: tutti i suoi risparmi. Tutti soldi puliti di comuni cittadini, che purtroppo non avranno mai giustizia».
Forse perché non contano nulla, allo stesso tempo non si accontentavano degli interessi delle banche: «C’è un caso analogo, che me l’ha fatto pensare e riguarda il broker romano Gianfranco Lande, che aveva messo a segno una truffa da 300 mila euro. La sua clientela pariolina era importante e il processo è durato tre anni e 11 mesi, concludendosi con una condanna a sette anni. Nessuna prescrizione e i soldi sono stati trovati».
Gd Consulting non poteva operare in Italia, perché non iscritta all’ufficio dei Cambi: «Ma era iscritta alla Camera di Commercio, come consulenza finanziaria. Siamo stati ingenui nel fare il contratto con General Dynamics, però non c’era niente di nascosto o d’illegale. Purtroppo chi doveva controllare, non l’ha fatto».
Le indagini sono iniziate nell’ottobre 2005 e alla sentenza di primo grado si è arrivati: «C’è stato un gran putiferio, al momento del blitz della Guardia di finanza, ma si è agito solo dopo otto mesi e non subito, per fare in modo che il reato non venisse ripetuto. Mentre noi siamo stati pesantemente sanzionati e inseguiti da Equitalia, quasi tutti i soldi investiti sono spariti. Sono sicura che gli indagati sapessero di esserlo, ecco perché hanno spostato tutto in quattro paradisi fiscali, inaccessibili a tutti tranne che ad Addis Melaiu. Secondo i miei calcoli, addirittura otto milioni, nel corso di sei mesi».
Ci sono stati sequestri, ma nemmeno questi soldi torneranno agli investitori: «Non sappiamo nemmeno a chi siano intestati i beni sequestrati a Montecarlo, perché esisteva una serie di società fittizie, a scatole cinesi, le cui quote sono state successivamente vendute, pertanto non sappiamo più nulla. L’amarezza più grande non è il fatto di essere stati truffati, bensì di essere stati in seguito abbandonati. Dieci anni e mezzo, per arrivare fino alla Cassazione e tutti hanno delle responsabilità».
Giozzet ha dialogato tantissimo con Addis Melaiu: «Tre mila 800 messaggi, tra me e lui, in sette mesi. Sono incavolata nera, perché lui mi aveva preannunciato che tutto si sarebbe concluso con un nulla di fatto. Ho pubblicato tante cose sul mio profilo, che però mi è stato chiuso chissà quante volte: bannata. Non me ne importa niente della sentenza di primo grado, perché non è servito».
Carnefice e vittima avevano e hanno un buon rapporto: «Ho rotto le scatole a tutti, ma tutto si è avverato e già in Appello c’è stato uno sconto. Intanto, c’è chi ha pensato anche al suicidio, a forza di essere sanzionato. Io sono ancora qui e continuo a lottare, per avere giustizia. La rabbia non passerà mai».
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