La montagna si ribella: «No ai cacciatori da fuori provincia»

Venezia si riprenderà la competenza di caccia e pesca De Menech: «Uno schiaffo all’autonomia del Bellunese»
BELLUNO. Il mondo venatorio bellunese trema. Oggi in consiglio regionale sarà discussa la proposta di legge 250, relativa all’adeguamento delle norme in materia di pianificazione faunistico-venatoria. Con gli emendamenti in discussione sarà modificata la legge 50 del 1993. Da un lato la Regione avocherà a sé la competenza di caccia e pesca, togliendola alla Provincia di Belluno; dall’altro, ed è questa la preoccupazione in particolare dell’onorevole Roger De Menech, si rischia il ritorno del nomadismo venatorio. E la compromissione di un sistema di gestione che, spiega De Menech, «ha sempre funzionato. La Regione vuole il caos venatorio».


La norma che prevedeva il nomadismo dei cacciatori, cioè la possibilità per i cacciatori di muoversi liberamente in tutto il territorio della regione (ad esclusione delle Alpi), senza alcuna autorizzazione per la caccia alla selvaggina migratoria, sia da appostamento che in forma vagante, era stata approvata l’anno scorso. La Corte Costituzionale l’ha definita illegittima poche settimane fa. Ma: «Il consigliere Sergio Berlato sta tentando di reintrodurlo», spiega De Menech. «La sua proposta di legge prevede di abrogare alcuni articoli che permetteranno di iscriversi ad una riserva alpina di caccia anche se non si è residenti nel comune al quale quella riserva fa riferimento. La residenzialità è sempre stato un enorme valore per la modalità di gestione della caccia in provincia di Belluno».


Qual è il rischio? Che cacciatori di altre province si associno alle riserve bellunesi e vengano a cacciare la fauna locale. «Senza alcuna conoscenza dei luoghi, degli animali», aggiunge De Menech. «Tutta la Mittle Europa collega il cacciatore al concetto di residenza, anche la provincia di Belluno l’ha sempre fatto. Perché cambiare un sistema che funziona?».


Lo conferma anche Leandro Grones, ex presidente della riserva di Livinallongo e del Distretto dell’Agordino. «La provincia di Belluno definisce un suo calendario venatorio, ha istituito delle norme per la gestione della fauna selvatica che hanno permesso di far crescere i numeri. Se passerà questa legge la Provincia non potrà più elaborare il suo piano faunistico. C’è preoccupazione, anche se confido che l’impegno che si sono assunti alcuni nostri rappresentanti in Regione porti a mantenere quello che è stato costruito in tanti anni, e che funziona».


I responsabili di numerose associazioni venatorie e delle riserve alpine di caccia hanno sottoscritto un documento chiedendo al consiglio regionale di lasciare intatto il “modello Belluno” di gestione della caccia.


Ma non va dimenticato l’aspetto politico della proposta Berlato. Il progetto di legge, conclude De Menech, è «uno schiaffo alle richieste di autonomia del Bellunese e temo sia solo l’antipasto di un neo centralismo della Regione Veneto».


«La Provincia di Belluno verrà espropriata delle proprie competenze in materia di caccia e pesca. I consiglieri della Lega obbediranno a Zaia o ascolteranno le preoccupazioni dei cittadini?», si chiede il consigliere regionale dem Graziano Azzalin. «La Regione è autonomista a giorni alterni: la chiede a Roma, ma si guarda bene dal concederla, nonostante sia prevista per legge, a Belluno. La legge 25 è del 2014, non di un secolo fa, e parla chiaro. Ma per la giunta questo non vale. Si trincerano dietro la legge Delrio che li obbligherebbe ad agire in questo modo, ma non è assolutamente vero».


Oggi Azzalin e il Pd presenteranno alcuni emendamenti «necessari a dare a Belluno l’autonomia prevista dallo Statuto. Cosa faranno i colleghi bellunesi della Lega: obbediranno disciplinatamente a Zaia o ascolteranno le preoccupazioni dei cittadini che dovrebbero rappresentare?».




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