La parrocchia di Cadola si “riprende” i Coi de Pera

Dopo la partenza di don Giorgio Aresi il vescovo ha riunito le comunità L’arciprete Don Giuseppe De Biasio avrà l’aiuto di don Alfredo Levis
PONTE NELLE ALPI. La parrocchia di Cadola si “riprende” i Coi de Pera, dando vita – non senza qualche malumore – ad una unica grande parrocchia da quasi tremila fedeli.


Da domenica scorsa, infatti, don Giuseppe De Biasio, arciprete dell’antica Pieve, amministra, da solo, anche tutta l’area dei Coi de Pera. Lo ha deciso il vescovo Renato Marangoni quando qualche mese fa ha dato vita ad un giro di incarichi tra i parrochi. Con il trasferimento a Lamon di don Giorgio Aresi, che era parroco di Col di Cugnan e Quantin, il vecovo ha scelto non di nominare un sostituto ma di inglobare in un’unica parrocchia, quella di Cadola, la parte alta del territorio di Ponte nelle Alpi. Il vescovo però ha chiesto a don Alfredo Levis, già parroco di Sospirolo e ritornato “in pensione” nella sua casa di Lastreghe, di affiancare don De Biasio nelle celebrazioni festive.


Ai Coi de Pera non tutti i fedeli l’hanno presa benissimo: ci sono pochissime speranze che in futuro la loro parrocchia torni indipendente. «Capisco che ci sia un po’di sofferenza nel veder andar via il proprio parroco. Dal canto mio spero nell’aiuto di tutti», ha sottolineato don Giuseppe De Biasio, che nel foglietto del programma settimanale dei riti ha scritto: «Mentre saluto affettuosamente questi nuovi compagni di viaggio, nell’attesa di incontrarli durante le celebrazioni e in altre occasioni, confido, ma sono sicuro, di poter contare ancora sulla collaborazione di tante persone cui sta a cuore il bene delle nostre comunità».


La vasta parrocchia di Santa Maria di Cadola era stata ridimensionata nel dopoguerra. Il giorno di Natale del 1948 fu fondata la parrocchia di Polpet – Ponte nelle Alpi, il 24 novembre 1956 nacque quella di Col di Cugnan e il 12 dicembre 1957 quella di Quantin. Queste due ultime erano state riunite di recente. Ora però, sempre mantenendo i nomi distinti, tornano all’origine.


«Una scelta legittima, dettato da un percorso che si sta facendo in un po’ tutto il Bellunese anche per la scarsità di sacerdoti», commenta il sindaco di Ponte, Paolo Vendramini, «ma c’è sicuramente del rammarico nei vari comitati locali. Ho parlato soprattutto con i parrocchiani dei Coi, dove la parrocchia è un punto di riferimento importantissimo. Ora ci sarà una parrocchia molto vasta, contando che ci soo 1600 persone a Cadola e 1200 nei Coi, e soprattutto nelle zone alte c’è bisogno di punti di riferimento, di presenza costante come è stata quella di don Giorgio».


L’auspicio del sindaco Vendramini, anche per quanto riguarda la collaborazione tra Comune e comunità dei fedeli, è comunque positivo: «Don Giuseppe, parroco stimatissimo, saprà fare un ottimo lavoro. Ed un segno positivo è quello che già ci viene da Polpet e Ponte che sono unite con Soverzene, perché don Francesco è parroco anche lì».
(sdb)


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