La presidente Berton: «Le nostre imprese stanno resistendo ma la strada è lunga»
BELLUNO
«È impossibile fare qualsiasi previsione. C’è troppa incertezza. È molto probabile che ci attenda una prima parte di 2021 ancora molto difficile, poi se la campagna di vaccinazione sarà massiva ed efficace, inizieremo a vedere la luce in fondo al tunnel, con un ritorno a una nuova normalità e a una ripresa economica più robusta». Così la presidente di Confindustria Belluno Dolomiti, Lorraine Berton.
Siamo ancora in tempo ad evitare la deriva? E il Governo con quali misure dovrebbe intervenire?
«Ci aspettano ancora periodi difficili, ne siamo consapevoli, ma sono convinta che dalla pandemia possiamo uscirne maggiormente strutturati e migliori. Serve però massima operatività, programmazione e visione. Il Recovery Fund, o Next Generation Eu, ad esempio, è un’occasione straordinaria solo se sarà calata sui territori e sull’impresa. Non dovrà essere un modo per accontentare tutti o, peggio, per erogare misure assistenzialistiche. Non ne possiamo più di questa visione al ribasso, proprio quella che ha intrappolato le migliori energie di questo Paese per troppo tempo, perché finalizzata al consenso di oggi e non alle generazioni di domani. Come Confindustria Belluno Dolomiti, poi, chiediamo anche un capitolo per le zone montane e un rilancio effettivo delle politiche europee della montagna – ancora un contenitore vuoto – sburocratizzazione e infrastrutture. La nostra montagna deve entrare nei grandi corridoi europei, viari e tecnologici. E deve essere attrattiva per talenti, investimenti e turisti. Su questi temi stiamo lavorando con progetti e iniziative di ampio respiro, con l’obiettivo di rimettere al centro l’impresa, e con essa l’innovazione tecnologica e la sostenibilità ambientale».
Per quanto se ne sa, l’industria bellunese appare più forte della stessa pandemia. Ci sono aziende che si sono consolidate ed hanno perfino ampliato gli organici. Lei dunque è fiduciosa?
«Le imprese manifatturiere della nostra provincia hanno dimostrato grande resilienza. Naturalmente ci sono situazioni diverse da settore a settore, e anche all’interno degli stessi comparti. Ma in linea generale possiamo dire che c’è stata una sostanziale tenuta, in particolare del metalmeccanico. Certo, è stato un anno per certi versi drammatico. Mai avremmo pensato di subire la chiusura forzata delle nostre fabbriche, con il Governo che si è messo nelle condizioni di dover scegliere tra due diritti sanciti dalla Costituzione: quello alla Salute e quello al Lavoro. Ignorando, per pressapochismo o per una malsana ideologia anti-impresa, che proprio le nostre fabbriche, soprattutto grazie ai sacrifici e al senso di responsabilità di noi imprenditori, erano e rimangono tra i luoghi più sicuri. Tanto è vero che in autunno nessuno ne ha più chiesto la chiusura».
L’ormai prossimo lockdown è arrivato al momento giusto? L’eventuale anticipazione non avrebbe terremotato la stessa produzione industriale, con ripercussioni ancora più gravi?
«Purtroppo l’aggravarsi della crisi sanitaria non lasciava molta scelta a quella di una nuova stretta, anche perché va detto che c’è un clima sociale molto diverso rispetto alla primavera scorsa. I comportamenti individuali non sempre sono stati adeguati alla situazione. È evidente che la scelta del Governo avrà ripercussioni gravissime su negozi, bar, ristoranti, alberghi, e più in generale sul settore turistico. Ciò che serve sono misure vere ed efficaci a sostegno delle attività più colpite. Altrimenti la rabbia sociale è destinata a crescere, a scapito di tutti».
I ristori sono in ritardo solo perché non ci sono soldi? È solo questo il motivo per cui non si è voluto applicare il modello tedesco?
«Sicuramente la situazione italiana e quella tedesca sono molto diverse. Ma non è solo una questione di soldi. In Germania c’è innanzitutto una leadership politica vera, forse l’unica in Europa. In Italia c’è un Governo che, nel pieno della più grave crisi economica dal dopoguerra, perde tempo tra litigi, polemiche, verifiche di maggioranza».
L’occhialeria fa ancora ricorso alla cig. Ma nei mercati internazionali ci sono segni di ripresa...
«L’occhialeria, come il resto del sistema moda, è uno dei settori più colpiti. Ripeto: ogni previsione sarebbe un azzardo. Detto questo, è difficile pensare che già in primavera ci possa essere una vera ripresa, più probabile che ciò avvenga nella seconda metà dell’anno. Abbiamo però firmato il contratto nazionale, che abbiamo chiamato “di responsabilità”, con l’obiettivo di dare maggiore serenità anche ai nostri collaboratori».
A riguardo del fermo-impianti lei è stata l’unica in Italia a chiedere non solo ristori, ma anche rimodulazioni fiscali e normative. Ha notizie dal Governo se in gennaio arriverà quanto Confindustria Dolomiti ha sollecitato per conto degli impiantisti?
«Siamo vicini agli impiantisti e insieme ci batteremo perché il Governo assuma tutti i provvedimenti necessari per sostenere le società a superare questa fase. La stagione invernale è compromessa, soprattutto se gli impianti non potranno riaprire dopo il 7 gennaio. Il Governo deve capire che gli impianti di risalita sono il cuore del sistema turistico della montagna. È superficiale pensare che sia solo uno svago: per gli operatori della montagna, e non solo, è una questione di sopravvivenza».
Fra poco più di un mese ci saranno i Mondiali, ma siamo già proiettati sulle Olimpiadi. E ancora siamo qui a roderci l’anima per i ritardi nella predisposizione delle infrastrutture. Perché continuano ad accadere?
«Fondamentalmente perché manca una capacità di programmazione, perché la macchina statale non funziona, perché c’è una burocrazia soffocante. Ma anche perché non sempre il territorio riesce a fare sintesi. Noi ci stiamo provando e lo faremo anche nelle prossime settimane. Resto convinta che le Olimpiadi siano un’occasione irripetibile per migliorare i collegamenti».
I suoi auguri di Natale?
«Ai colleghi imprenditori, ai quali chiedo di resistere e di andare avanti con quel grande senso di responsabilità mostrato fino ad ora. I miei auguri vanno inoltre alle persone che sono in prima linea contro la pandemia: tutto il personale socio-sanitario, ma anche le forze dell’ordine e le istituzioni. Un po’ di serenità per chi ha perso i suoi cari». –
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