La procura contro ignoti sulla mazzetta per la cava
BELLUNO. Non ci sono ancora indagati. L’inchiesta della procura della Repubblica sulla presunta mazzetta da 10 mila euro versata dal Consorzio Farra Sviluppo a uno o più funzionari infedeli, per far abbassare i prezzi del materiale calcareo della cava di Col delle Vi, è sempre contro ignoti. Sembra però solo questione di tempo. Il procuratore Francesco Saverio Pavone è convinto che i soldi siano stati versati alla fine dello scorso anno e sta cercando di capire le modalità con cui sarebbe avvenuto il passaggio di denaro, necessario a ottenere un risparmio sui 500 mila euro all’anno.
I documenti recuperati dalla Guardia di finanza nel municipio di Farra d’Alpago e durante le perquisizioni nelle sedi della Camera di Commercio e di Confindustria conterrebbero materiale interessante, ma di più non si può sapere: «Non è possibile aggiungere altro, per il momento», frena Pavone, «non ho ancora aperto il registro degli indagati, perché prima voglio avere tutte le certezze necessarie a fare un passo del genere. Intanto, stiamo sentendo molte persone, che ci stanno aiutando a ricostruire la vicenda».
Il Consorzio è formato da Fassa Bortolo di Spresiano, Fornaci Calce Grigolin di Susegana al 45 per cento ciascuna, e Fratelli De Pra di Ponte nelle Alpi con il 10 per cento. L’altro ieri Paolo Fassa è stato in procura con il legale trevigiano Sandro Trevisanato, dichiarandosi «estraneo alla vicenda» e parlando di «qualcuno che si è inventato tutto». «Sono state ascoltate diverse altre persone», riprende Pavone, «quello che sappiamo, già per certo, è che il Comune di Farra non c’entra: è soltanto la parte lesa. È il Comune che avrebbe perso tutti questi soldi, incassando di meno».
Sempre martedì si è fatto molto tardi, negli uffici di via Mezzaterra del Nucleo di polizia tributaria delle Fiamme gialle: è stata ascoltata almeno una decina di persone informate sui fatti, che avrebbero detto ciò che sapevano.
Prime reazioni, a livello regionale, da parte di Andrea Zanoni, consigliere del partito Democratico e vicepresidente della commissione Ambiente: «L’inchiesta, coordinata dalla procura, con le perquisizioni di queste ore per far luce su un possibile caso di corruzione legato al settore dell’industria estrattiva, è un fatto positivo. Ma dev’essere un campanello d’allarme per la Regione, istituzione che ha la competenza in materia di cave».
L’invito è quello a vigilare con grande attenzione e a indagare con la maggiore cura possibile: «La politica veneta e chi governa il Veneto hanno il dovere di aprire una riflessione ampia su questo settore, che qui rappresenta un autentico potentato. Già nel passato, si sono verificati clamorosi casi di corruzione: il solo fatto di ritrovarci di fronte ad una indagine di peso come questa fa pensare che nel frattempo ben poco sia stato fatto per ottenere piena trasparenza in tutti i gangli amministrativi, che sovrintendono al settore cave».
La richiesta è semplice: «Chiedo che venga discussa la questione, se non altro a livello di commissione consiliare. Questo per avviare una campagna di serio monitoraggio, a tutto campo, sulle attività di cava e sul corretto svolgimento di pratiche e procedure collegate. L’obiettivo è di fare prevenzione, ben sapendo che gli interessi giganteschi che ruotano a questo ambito possono, fisiologicamente, creare situazioni di opacità e illegalità».
Gigi Sosso
Marco Ceci
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