La protesta dei lavoratori «Asca non ci dà garanzie»

Rsa Agordo. Molti puntano sulle occhialerie, ma i più andranno con l’Usl «I nuovi amministratori non ci sono piaciuti, meglio proseguire con l’azienda»
Di Gianni Santomaso

AGORDO. «Via da Asca che non ci convince, ma con l'Usl non sappiamo dove finiremo». È un clima pesante quello che si respira in questi giorni fra i lavoratori della Rsa di Agordo (Polifunzionale 1, 2 e reparto anziani inabili). Lavoratori che, dopo aver atteso per quattro anni che i Comuni della vallata e l'Usl si accordassero sul passaggio di gestione, ora si trovano a dover decidere in dieci giorni se restare alla Rsa con la nuova azienda consortile o passare all'Usl con una serie di incognite. Non tutti, però, avranno la possibilità di scegliere.

«Nessuno vuole restare con Asca», dice un'operatrice sanitaria da 14 anni alla Rsa di Agordo, «sia fra i tempi indeterminati che fra i determinati quasi tutti sceglieranno di andare in Usl. Il problema è che non sappiamo dove ci manderanno. Io ho tre figli e fra noi c'è anche chi ha la 104». «Una scelta la mia», continua, «fatta sia perché ho sostenuto un concorso con l'Usl, sia perché non mi piace il modo con cui Asca ci sta trattando, non mi piace l'atteggiamento dei suoi amministratori: prima hanno detto delle cose, poi ne hanno dette altre. Con questo clima in tantissimi se ne andranno e chi resterà a insegnare ai nuovi?».

Nuovi che verranno assunti con un contratto Uneba seppur rinforzato. «Ho fatto domanda di passare all'Usl», dice un'infermiera, alla Rsa da 10 anni, «ma ho anche chiesto a un'amica di portarmi i moduli per l'assunzione alla Pramaor. Perché? Perché ho un bimbo di un anno e perché ho anche un'attività hobbystica nel settore primario e pensare di essere spostata chissà dove mi preoccupa. Perché via da Asca? Perché non mi è piaciuto come si sono comportati con noi e perché in tanti mi hanno riferito che chiedono una disponibilità al 100% senza prescrizioni. Ho un problema alla schiena, se in futuro dovesse peggiorare cosa succederebbe?».

«Cosa troverò in Asca?», si chiede un altro operatore che da sette anni sta mettendo la sua professionalità a servizio degli anziani. «Francamente non lo so, ma dai primi passi fatti è una realtà che non mi convince: non sono stati chiari, hanno chiuso le porte alla trattativa sindacale al primo ostacolo sopravvenuto. È con questo atteggiamento che dovrei fare i conti anche in futuro? E poi: ci danno dieci giorni per una scelta che loro stessi definiscono “irrevocabile”, dopo che l'Usl ci ha tenuto quattro anni in ballo? Io mi auguro che la trattativa con i sindacati riprenda. Altrimenti andrò via da Agordo, resterò con l'Usl anche se dovessi cambiare domicilio».

Una scelta che i due educatori e le due amministratrici non potranno fare. «A me», dice uno di essi, «non è arrivata nessuna carta. Quindi dovrò rimanere con Asca, perché mi hanno detto che l'Usl non ha bisogno di questo tipo di figure. Eppure nel 2013 proprio l'Usl ci aveva assicurato che saremmo passati tutti quanti con lei. È vero che in Asca terrò il mio contratto “sanitario”, ma non sarà con un ente pubblico, bensì privato».

Non avrà possibilità di scelta neppure chi ha prescrizioni legate a disabilità. «Santin e Boito (rispettivamente amministratore unico e direttore di Asca, ndr)», spiega un'operatrice, «ci hanno detto chiaro e tondo che in Asca non c'è posto per dipendenti con prescrizioni. In questo momento sto andando in posta a inviare la lettera con cui chiedo di passare con l'Usl. Non ho alternative, pur sapendo che potrò essere mandata a Belluno o a Pieve di Cadore».

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi