La Protezione civile resta senza uomini per frane e alluvioni
BELLUNO. Provincia senza soldi e pure senza personale. Il referendum del 4 dicembre ha proclamato la sopravvivenza di questi enti, ma quella che si sta consumando è una lenta agonia. Che ha effetti pratici, quali il taglio dei servizi. Dal 21 febbraio è stato sospeso quello di reperibilità della protezione civile.
Era molto importante, perché in caso di calamità il dipendente reperibile attivava la sala operativa provinciale, apriva il magazzino, avviava i sopralluoghi e coordinava i rapporti con le istituzioni e le trentadue associazioni di protezione civile presenti nel Bellunese. In un territorio come il nostro, dove le frane non sono una rarità e le alluvioni ormai fanno sempre più danni, era un servizio imprescindibile. Era, appunto, perché il trasferimento di dipendenti in Regione per l’applicazione della legge Delrio sta spogliando la Provincia di risorse umane. Persone che mandavano avanti i servizi.
Sono rimasti in due, nel settore della difesa del suolo e protezione civile, a garantire la reperibilità. Troppo pochi, se si pensa che il contratto di lavoro prevede al massimo sei giorni di servizio al mese. Anche volendo fare un miracolo, coprirne trenta (o trentuno) diventa impossibile. Così la presidente Daniela Larese Filon il 21 febbraio ha firmato la sospensione del servizio.
Istituito nel 2008, spiega il consigliere delegato Lillo Trinceri, ricostruendo la storia. «Era deputato alla gestione delle situazioni di emergenza e coinvolgeva sei dipendenti». Il servizio consisteva nell’attivazione di un numero di telefono, attivo 24 ore su 24 e sette giorni su sette, da utilizzare in caso di necessità, e nell’invio a tutti i responsabili delle associazioni di volontariato di protezione civile dei messaggi di allerta (come quelli meteo). Il dipendente reperibile aveva anche il compito di gestire le attività di soccorso nelle emergenze nazionali, in collaborazione con la sala operativa regionale.
I sei dipendenti si sono dimezzati per varie ragioni. Uno è andato in pensione nell’aprile del 2015. Un altro (il dirigente, Soppelsa) è stato trasferito in Regione un anno fa. A ottobre dell’anno scorso altri due dipendenti sono finiti a Venezia. Risultato? Restano solo Rizieri Mezzomo e Carlo Zampieri. Che dal 2008 ad oggi si sono occupati di eventi quali la nevicata del 2008/2009, la frana di Borca del 2009, l’alluvione del 2010, il blackout del 2013 e 2014, le frane di San Vito del 2015, tutte le frane cadute ad Acquabona. Solo per citare alcune delle calamità che hanno colpito il Bellunese.
Il servizio è essenziale e lo ha ribadito anche lo stesso Soppelsa, ora dirigente regionale, in un incontro avuto con Trinceri e la Larese Filon la scorsa settimana. «Ci è stato detto che non possiamo farne a meno. Allora ci venga assegnato il personale necessario», afferma Trinceri. È stato informato anche il presidente Zaia, «che ha colto la necessità ma non ha ancora risposto», aggiunge Serenella Bogana. «Non possiamo spostare i dipendenti da un servizio all’altro come pedine su una scacchiera, qui parliamo di un servizio che richiede competenze particolari».
La sospensione del servizio di reperibilità ha allarmato le associazioni di volontariato e i sindaci: «Nel Feltrino faremo un documento a supporto della richiesta della Provincia di avere il personale che serve», conclude Serenella Bogana.
E se succedesse qualcosa oggi, quando gli uffici della Provincia sono chiusi? Fermo restando che si attiverebbe la macchina dei soccorsi composta da vigili del fuoco, forze dell’ordine, sanitari, ecc, non resterebbe che contattare la presidente della Provincia al suo cellulare personale. Lei avviserebbe i dipendenti del settore, sempre sul telefonino privato. La macchina provinciale si attiverebbe più lentamente. Quando in un’emergenza la parola d’ordine dovrebbe essere rapidità.
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