La Provincia chiama i sindaci «A rischio le ultime 12 latterie»
BELLUNO. Sono 12 le ultime latterie sociali. E rischiano tutte di scomparire: parola di Sandro Dalla Gasperina. L’assessore provinciale ha presieduto, nei giorni scorsi, un vertice a Palazzo Piloni per verificare se ci sono i presupposti per salvare questa specificità. Si tratta di liberare i caseifici rimasti sul territorio dell’incombenza di smaltire il siero a Padova, realizzando in provincia un concentratore e, contestualmente, un depuratore. I soldi ci sono soltanto per il primo intervento ,1,3 milioni di euro, compresa però la parte che dovrà servire per un primo rilancio di queste imprese.
Alla crisi hanno resistito le latterie di Agordo, Belluno, Cesiomaggiore, Colle Santa Lucia, Comelico, Lentiai, Limana, Livinallongo, Sedico, Sospirolo, Tambre e Trichiana. Un tempo ce n’era almeno una per comune. «Sono le sentinelle della nostra specificità agricola», afferma Della Gasperina. Ma vaglielo a spiegare ai soci che devono spendere circa 40 mila euro l’anno per portare il siero a San Pietro in Gù. Un siero, fra l’altro, irrecuperabile, a differenza di quello che porta Lattebusche.
«Ho radunato i rappresentanti delle latterie e i sindaci per verificare se è fattibile il concentratore, in quell’area che è stata offerta da Lattebusche a Cesiomaggiore e per il quale è stato programmato un investimento di 1,3 milioni di euro», spiega l’assessore provinciale. «L’esigenza di chiarirci le idee è derivata dal fatto che a suo tempo è saltata fuori la necessità anche di un depuratore, indispensavile per completare l’investimento. Una struttura, però, che costa 3 milioni e mezzo».
Dove trovare tutti questi soldi? Ecco il problema. È stato invitato anche Roger de Menech, nella sua veste di presidente del Comitato del Fondo per i Comuni di confine. Il Comitato, ha riferito, è pronto a fare la sua parte, ma non ha una disponibilità superiore ai 300 mila euro.
I presenti alla riunione si sono diversamente articolati. Tutti hanno ammesso la necessità di mettere in sicurezza le latterie. Lo vuole la stessa Lattebusche, consapevole che le produzioni lattiero casearie di nicchia sono quelle che fanno ricco il territorio. Altri hanno ravvisato l’impossibilità di recuperare le risorse per il depuratore. «Ho consigliato alla riflessione e, pertanto, ci siamo ridati appuntamento al 10 aprile», fa sapere Dalla Gasperina. «Ho chiesto ai sindaci di pensarci bene, perché se diciamo di no al progetto che prevede concentratore e depuratore, cioè se non raccoglieremo il siero, sarà la dichiarazione di morte delle latterie, che in pochi anni chiuderanno una dopo l’altra».
Via le latterie, fra l’altro, via anche l’allevamento delle mucche da latte. E, quindi, l’abbandono delle terre più alte. E dall’alto di Livinallongo, il sindaco Grones conferma: «La nostra latteria rappresenta un punto di riferimento economico, sociale e perfino identitario, apprezzato fra l’altro da tutti i turisti. Adesso va bene, perché ha avuto il coraggio di investire». Grones, anzi, si dice sicuro che ha tutti i presupposti per sopravvivere.
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