«La qualità della vita in città è cresciuta»

Jacopo Massaro parla dei progetti realizzati, di quelli futuri e delle frustrazioni per le risorse che mancano
Di Alessia Forzin
Convegno sulla sanità in montagna
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BELLUNO. Il 22 maggio del 2012, Jacopo Massaro indossava per la prima volta la fascia tricolore, insediandosi a Palazzo Rosso. Poche ore prima, lo spoglio delle schede del ballottaggio lo proclamava sindaco di Belluno. Sono passati due anni e mezzo da quei giorni. Al giro di boa, Massaro si racconta, soddisfatto per aver impresso una svolta alla città che, sotto la sua amministrazione, è diventata «più eco-sostenibile, finalmente orientata al turismo e un'eccellenza nel campo sociale, dell'istruzione e dell'educazione». Ma altrettanto consapevole che il continuo taglio alle risorse per gli enti locali ha compromesso la possibilità di avviare alcuni progetti che aveva in mente, quando ha deciso di candidarsi sindaco del capoluogo. «Eppure, nonostante tutte le difficoltà che stanno attraversando i Comuni, e che non risparmiano Belluno, abbiamo già completato gran parte del programma elettorale», precisa il sindaco. Ed è sulla base del progetto che aveva proposto che i cittadini lo hanno eletto sindaco.

Sindaco, come valuta la prima metà del suo mandato?

«Sono soddisfatto se guardo alla situazione attuale, alla congiuntura economica e alle difficoltà che stanno attraversando gli enti locali: è dieci volte peggiore di quella che si poteva immaginare nel 2012. Eppure l'eccellente lavoro che è stato fatto da consiglio e giunta, un lavoro che ha comportato anche grandi sacrifici, ci ha permesso, in un momento in cui tutte le città stanno abbassando i loro indici di qualità della vita, di aumentarli a Belluno. Ovviamente esiste anche un po' di frustrazione, sono sfumate alcune cose che avevo in mente e non ho potuto ancora fare. Ma consideriamo che non sono più tempi per amministrazioni da grandi opere».

E infatti le critiche maggiori che le vengono rivolte riguardano proprio il settore opere pubbliche. C'è chi dice che non abbiate fatto nulla per cui essere ricordati.

«La nostra campagna elettorale è stata imperniata sui alcuni temi: una città migliore senza aggiungere colate di cemento e asfalto, no a nuove strade ma privilegiare la sistemazione di quelle che abbiamo. Il pallino per le opere strategiche lo abbiamo anche noi, ma prima di tutto abbiamo guardato all'esistente e iniziato a lavorarci».

Quali sono le opere strategiche che ha in programma?

«Due, in particolare. Il Fio2, ovvero il collegamento fra l'Agordina e la rotatoria di Marisiga. Un intervento destinato a cambiare la viabilità in città. Stiamo lavorando con la Regione per reperire i finanziamenti necessari per cominciare a rendere concreto quello che è solo su carta da oltre trent'anni. Legato al Fio2 è il sovrappasso di via Marisiga. Anche questa un'opera strategica, che andrà al servizio della caserma provinciale dei Vigili del fuoco e che abbiamo modificato riuscendo ad ottenere molto di più rispetto al progetto originario».

Il quale prevedeva un sottopasso. Perché avete cambiato progetto?

«Perché altrimenti avremmo avuto un'altra opera incompiuta. Grazie al lavoro fatto da Veneto strade e dalla Regione otterremo il completamento di due rotatorie e la realizzazione di una pista ciclabile. E' stata un'operazione lungimirante per non trovarci, fra qualche anno, a dover spendere altri soldi per finire le rotatorie, per esempio. Ma in tema di opere abbiamo fatto diversi interventi anche per la sicurezza dei pedoni: abbiamo completato il marciapiede in via Montegrappa, anche questa un'opera molto attesa, in primavera prossima inizieranno i lavori per la rotatoria a Mussoi. Anche qui, se ne parla da 20 anni».

Parlando di viabilità non si può non parlare di ponte Bailey. Una bella rogna, visto che quell'infrastruttura ha una scadenza: il 2018.

«Anche il Bailey è un esempio di opera utile ma precaria, lasciata in eredità (come problema) a chi è arrivato dopo. Guardiamoci attorno: tutte le rotatorie in città sono provvisorie. Importanti, utilissime, ma precarie. Come il Bailey: anche questa situazione va sistemata. Abbiamo avviato un dialogo con la società fornitrice, per stabilizzarlo previo acquisto attraverso un leasing. L'operazione parrebbe sostenibile, legge di stabilità permettendo, ma dobbiamo affrontare problematiche tecniche complesse: il ponte va alzato per ragioni di tenuta idraulica. Quindi stiamo facendo attente valutazioni. Di sicuro non potremmo permetterci un ponte nuovo, fisso: costerebbe dai 5 ai 10 milioni di euro».

Dalle sistemazioni di opere “precarie” alle manutenzioni. Altro tasto dolente, sentendo le critiche dei suoi detrattori.

«Ci dicono che facciamo troppo poco su questo fronte, e hanno ragione. Ma da un lato c'è il problema economico (mancanza di risorse e impossibilità di spendere i soldi che abbiamo per tutti i vincoli che ci mette lo Stato), dall'altro quello burocratico. Dovremmo essere capaci di adattarci ai tempi, fare interventi in maniera più veloce, magari meno perfetta di un tempo, ma prima si risolve un problema e meno si spende».

Cosa è mancato finora per fare il famoso “cambio di marcia” che le chiedono anche alcuni consiglieri di maggioranza?

«Sono mancate risorse (non solo per me, per tutti i Comuni), la capacità di programmare perché viviamo in un clima di grande incertezza. Ma nonostante questo, vivendo giorno dopo giorno, abbiamo finalmente reperito molte risorse dai fondi europei e portato avanti la nostra visione di città: Belluno è diventata più eco-sostenibile, finalmente orientata al turismo, un'eccellenza nel campo del sociale e dell'educazione. I nostri progetti, condivisi con le scuole, vengono presi ad esempio. Ci dicono che facciamo poco, ma nel nostro programma elettorale non c'erano opere faraoniche. Avevamo scritto cose fattibili, concrete, perché ho sempre pensato fosse inutile fare grandi promesse sapendo che sarebbe stato difficile mantenerle. E non ho paura di perdere consensi se faccio cose non appariscenti, ma utili per la città. Ormai dobbiamo concentrarci sulle opere che creano valore aggiunto per la collettività, solo opere strategiche per le quali vale davvero la pena indebitarsi».

Alessia Forzin

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