La “quercia del Papa” arrivata dalla terra natale di Wojtyla

È stata piantata dai due sindaci usando i badili del papà di don Albino e che lo stesso pontefice utilizzò nel proprio orto



La “quercia del Papa” è stata messa a dimora ieri, nel giardino della casa natale di Albino Luciani. L’ha donata il sindaco di Wadowice, paese natale di Karol Wojtyla, Bartosz Kalinski, per far memoria del 41° anniversario della visita di Giovanni Paolo II a Canale, sulla Marmolada e a Belluno, il 29 agosto 1979. L’albero è stato piantato dallo stesso sindaco polacco e dal suo collega di Canale, Flavio Colcergnan, tra la commozione generale.

I due amministratori hanno usato due badili che appartenevano al padre di Luciani, Giovanni, e che lui stesso usava per coltivare l’orto.

Un gesto così simbolico ha concluso la giornata della memoria, iniziata al mattino sulla cima della Marmolada, a Punta Rocca. Grande folla in piazza Luciani, per la concelebrazione presieduta dall’arcivescovo di Loreto, monsignor Fabio Dal Cin, dal vescovo di Belluno-Feltre, monsignor Renato Marangoni, da don Davide Fiocco, della postulazione di Luciani, e da numerosi sacerdoti, provenienti anche da Vittorio Veneto e da Venezia.

In prima fila i due sindaci; Colcergnan ha concluso con un’approfondita riflessione su don Albino, particolarmente apprezzata per la puntualità e la sensibilità anche spirituale dimostrata dal primo cittadino. Papa Luciani, se fosse ancora vivo, non risparmierebbe severissime critiche alle banche che hanno speculato sui risparmiatori, ha fatto invece intendere monsignor Dal Cin, arcivescovo di Loreto. Luciani era sì umile, ma anche risoluto.

«In virtù di questa sua risolutezza, Luciani non mancò di stigmatizzare, in modo deciso, gli effetti oscuri di alcuni scandali finanziari che hanno interessato la Chiesa negli anni ’70» ha detto Dal Cin, «si trattava di iniziative di mera speculazione finanziaria, che danneggiarono piccoli risparmiatori, soprattutto veneti, e le opere di religione, che vennero a mancare del tradizionale sostegno di alcuni enti specifici».

Commentando il Vangelo di ieri, Dal Cin ha sottolineato che i beni della Chiesa devono servire esclusivamente per fare il bene, «non per favorire arricchimenti impropri e ingenerosi». Forte un altro richiamo di monsignor Dal Cin all’attualità interpretata secondo il pensiero di Papa Luciani. «Luciani ci insegna», ha detto, «che ai virus nocivi della mondanità si reagisce con la medicina dell’umiltà. Non quella pelosa che si usa per scansare fatica e le inevitabili grane del proprio incarico; ma quella vera, concreta, responsabile, che non adatta gli incarichi al proprio tornaconto o ai propri interessi individualistici. Ma quell’umiltà che ci fa adeguare alle necessità dei compiti/missioni affidatici».

Luciani, ha proseguito il presule, ci insegna anche «che l’esercizio dell’autorità è indispensabile alla giustizia e al bene comune».

Affollati di pellegrini, nella giornata di ieri, sia il museo diretto da Loris Serafini e sia la casa natale di Luciani, acquistata recentemente dalla diocesi di Vittorio Veneto grazie ad una donazione. In piazza numerosi sindaci e i dirigenti di prefettura e forze dell’ordine. Fede, speranza e carità sono le tre virtù fondamentali che fanno il cristiano e che Luciani ha illustrato da vescovo, patriarca e da Papa. E che ha cercato di praticare. Ma – ha detto Dal Cin – la sua mitezza, lo stile semplice e immediato, non vanno dunque interpretati come fragilità di carattere, debolezza decisionale o desiderio di evitare i problemi e le relative soluzioni da adottare. «Proprio no». E adesso non resta che attendere fiduciosi la sua beatificazione. Il prossimo anno? Siamo già in ritardo, a leggere le testimonianze riportate nel quadernone all’ingresso della chiesa di Canale. —



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