La rabbia dei medici «Da novembre ambulatori chiusi»
Ultimi tre giorni dello “sciopero bianco” contro la Regione Rossa e Bortot: «Si vuole privatizzare il servizio territoriale»
BELLUNO. Scattano da oggi gli ultimi tre giorni di sciopero “bianco” (sette in totale) dei medici di famiglia per protestare contro la mancata applicazione dei servizi territoriali contenuti nel Piano socio sanitario regionale.
Da oggi fino a giovedì, i camici bianchi non rilasceranno agli assistiti la ricetta bianca per eventuali prescrizioni, sostituendola con quella rossa. Un disagio contenuto, di cui i pazienti forse neanche si sono accorti, ma che è destinato ad aumentare, se nelle prossime settimane non arriverà alcuna risposta da Venezia.
«Queste sette giornate di protesta messe in atto finora non sono servite a nulla», precisa Umberto Rossa, presidente dell’Ordine dei medici e della Fimmg, sindacato del comparto. «E questo ci preoccupa non poco: non vorremmo che questo silenzio nascondesse un piano più ampio per la privatizzazione dei servizi». «Il timore è che si vada verso una sanità territoriale stile lombardo, dove la gestione è privata», rincara la dose Fabio Bortot, fiduciario della Fimmg.
E intanto monta il malumore tra i camici bianchi: «Per la prima volta dopo tanti anni, portiamo avanti una protesta così determinata, anche se gli esiti sono incerti», dicono Rossa e Bortot. «Non vogliamo che si appalti la cronicità», ribadisce il presidente dell’Ordine, «non in un momento in cui la nostra gente è sempre più anziana e bisognosa di cure a domicilio, che noi medici siamo in affanno nel garantire. Grande è la nostra delusione di fronte al silenzio della Regione: crediamo che le nostre motivazioni siano condivisibili», prosegue Rossa.
I medici lamentano la mancata istituzione delle medicine di gruppo integrate e la mancata partenza degli ospedali di comunità, «con il conseguente scarico sulle famiglie della cura dei loro familiari. A questo si aggiunge il mancato potenziamento del supporto informatico, che pdovrebbe permettere l’integrazione tra medici di famiglia, ospedali e distretti, e la mancata creazione del fascicolo sanitario elettronico, che è il naturale completamento della dematerializzazione della prescrizione farmaceutica e diagnostica».
Malgrado tutto «siamo pronti ad andare fino in fondo. Dopo questa protesta “soft”, a novembre avvieremo quella più dura, che prevede la chiusura degli ambulatori: e allora i disagi per gli utenti ci saranno, nostro malgrado. Non avremmo mai voluto giungere a questo, ma servono più servizi per la gente».
Ventidue saranno le giornate di chiusura previste dai sindacati dei medici: 8 e 9 novembre, 13 e 14 dicembre, 16, 17 e 18 gennaio, 13, 14 e 15 febbraio, 13, 14, 15 e 16 marzo, 10, 11, 12 e 13 aprile e 15, 16, 17 e 18 maggio. Nelle stesse giornate anche le guardie mediche territoriali si asterranno dai turni notturni, dalle 20 alle 8. In queste giornate, secondo la norma, saranno comunque garantite le visite domiciliari urgenti, l’assistenza domiciliare integrata e quella programmata ai malati terminali.
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