La riscoperta della pasta di vetro

Al Museo di Murano una mostra dedicata ad Amalric Walter, preziosi oggetti da collezioni di tutto il mondo

VENEZIA. La leggenda narra che a Nancy c'è un muro, all'interno di quello che un tempo era il laboratorio di Amalric Walter, contro cui l'artista scagliava le opere in pasta di vetro che erano mal riuscite. In effetti quel muro oggi c'è ancora, guarda sul cortile interno di una abitazione: e quello spazio sterrato è pieno zeppo di frammenti di pasta di vetro, un po’ troppi per essere una semplice coincidenza.

Un racconto romantico che descrive bene questo straordinario artista del Novecento, unico e irripetibile, che riscoprì la tecnica della pasta di vetro, una delle più antiche e singolari al mondo, come la usavano gli egiziani tremila anni prima di Cristo. Un appassionato artigiano-artista, innamorato della propria arte al punto tale da esserne l’unico custode e da portarne con sé nella tomba il segreto.

Amalric Walter infatti non lasciò allievi e dopo di lui nessuno fu in grado di riprodurre quel misterioso “legante” che l’artista utilizzava per realizzare la pasta di polvere di vetro con cui ricopriva gli stampi da cuocere.

A far conoscere al pubblico un artista tanto raffinato quanto originale e a coprire una lacuna importante nella storia dell’arte vetraria ci ha pensato il Museo del Vetro di Murano con la mostra “Amalric Walter. La riscoperta della pasta di vetro”, una rassegna di circa quattrocento oggetti, organizzata cronologicamente, che va a coprire l’intero arco di produzione dell’artista francese, mettendo in risalto i diversi temi affrontati con la sua speciale tecnica.

L’idea di dedicare una mostra a Walter è partita da due appassionati collezionisti, Paolo Bellomo e Carlo Mitarotonda, che hanno anche curato l’esposizione – la prima monografica in assoluto su Walter - in collaborazione con la direttrice del museo Chiara Squarcina. Tutti i pezzi provengono da collezioni private, rintracciati con pazienza certosina ai quattro angoli del mondo dai due curatori. Nelle teche un’esplosione di colori, forme e sfumature, ciotole con api, farfalle e scarabei, brocche e bicchieri dai rilievi floreali, scatole, fermalibri, lampade e vasi che hanno inaspettate trasparenze e strabilianti sfumature, riflessi cangianti e infinitesimali bollicine d’aria racchiuse nella materia.

Nella Francia dei primi del Novecento Walter diventa uno dei principali collaboratori della Daum Nancy, dove impara la tecnica che poi affinerà perfezionandola continuamente. La produzione ha fortuna: gli oggetti sono assai richiesti, alcuni vasi trovano posto sugli scaffali delle ricche confetterie di Nancy, soprammobili e ninnoli sono destinati alla medio-alta borghesia e venduti a Parigi e in America. Dopo la prima guerra mondiale la moda cambia e anche l’artista tenta di ritrovare motivi e decori affini al gusto dell’epoca. Ma il genio che si era espresso nelle forme dell’Art Nouveau non ritrova lo stesso slancio nell’Art Déco.

Le ultime creazioni – presenti in mostra - sono vasi in cristallo molato, in cui sono inseriti tasselli di pasta di vetro. Sono pezzi unici che non verranno mai messi in produzione. La parabola romantica di Amalric Walter si conclude nel 1959. Di lui non resta che la sua fantastica opera.

“Amalric Walter. La riscoperta della pasta di vetro”, Museo del Vetro di Murano, 2 febbraio - 12 maggio 2013.

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