La salma del base jumper già in volo per l’Inghilterra

TAIBON. La salma di Rob Haggarty è in volo per l’Inghilterra. La procura della Repubblica ha già concesso il nulla osta alla sepoltura del 47enne base jumper inglese, che domenica mattina ha perso la vita schiantandosi su una roccia sotto la Cima della Busazza, con la tuta alare. È bastata l’ispezione cadaverica al sostituto procuratore Marco Faion, dopo aver capito che si trattava di un incidente, che purtroppo può capitare ai praticanti di questa disciplina estrema. Nessuna responsabilità da parte di terze persone e, dunque, non ci sono ipotesi di reato configurabili. Chi vola con la tuta alare mette in conto che c’è la possibilità di non tornare a casa dopo un salto nel vuoto da una montagna delle Dolomiti bellunesi.
Il corpo dell’ingegnere della Schneider Electronics era stato portato in elicottero fino a Capanna Trieste dai soccorritori di Soccorso alpino e 118 e in queste ore sta tornando a Goodworth Clatford, nella contea del Wiltshire, dove l’aspetta la moglie Joanna, sposata otto anni fa, per la celebrazione dei funerali.
L’incidente mortale è avvenuto verso le 11, dopo che Haggarty aveva raggiunto l’Agordino dal rifugio Monti Pallidi di Canazei, dove alloggiava insieme ad altri 25 appassionati di base jumping, tra i quali il capo spedizione austriaco Andreas Podlipnik e altri due grandi esperti, come Angelo Niko Grubisic e Matthew Robinson. Grubisic ha postato un messaggio su Facebook alle 5.39, nel quale descrive lo spirito del base jumper: «Una nave in porto è sicura, ma non è per questo che le navi sono costruite».
L’uomo è salito sulla Cima della Busazza, sopra Taibon, con un elicottero noleggiato per questo tipo di servizio e, una volta sbarcato ai 2.894 metri, ha indossato la tuta alare per lanciarsi nel vuoto. Un salto come chissà quanti altri, con la differenza che stavolta il paracadute si è aperto molto presto e Haggarty è andato a sbattere contro una roccia solo 200 metri più in basso. L’impatto è stato violentissimo e a seguire tutta la scena c’erano un alpinista e un escursionista al rifugio Vazzoler.
Sono stati proprio questi due a dare l’allarme e a far intervenire i soccorritori, che hanno cominciato un’opera di recupero del cadavere per niente semplice, che ha reso necessario un percorso attrezzato oltre che l’elicottero del 118, in mezzo alle nuvole.
Al medico non è rimasto altro da fare che constatare il decesso per le gravi ferite riportate nell’impatto con la roccia e il corpo è stato ricomposto, imbarellato e portato a valle fino a Capanna Trieste.
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