La scelta di Andrea. «Basta ufficio, cambio vita». Da ingegnere a guida alpina

Dieci anni fa la decisione vincente di Andrea Cattarossi, che da Belluno si trasferisce a Cortina. «Lavoravo in una occhialeria, quando ho avuto il colpo di fulmine con la montagna»

Gianluca de Rosa
La guida alpina Andrea Cattarossi
La guida alpina Andrea Cattarossi

CORTINA. La seconda vita di Andrea è tutta in salita. «Meglio in salita che rinchiuso dentro una scatola», ha pensato una sera, rientrando a casa dopo otto ore trascorse nel chiuso di un anonimo ufficio. L’esplosione di un pianto a dirotto, riverso sul sedile della macchina, poi la decisione: «Basta, vado in montagna».

È la storia di Andrea Cattarossi, classe 1978. Da una decina d’anni vive e lavora a Cortina. Professione? Guida alpina, apprezzata e particolarmente richiesta. Il riavvolgimento del nastro però è d’obbligo.

«Sono di Belluno e ho studiato all’università di Padova. Mi sono laureato in ingegneria informativa prima di tornare a Belluno per rispondere “si” alla proposta di lavoro di un’azienda operante nel settore dell’occhialeria. Nel frattempo, su invito di amici, ho iniziato a frequentare la montagna. Ho iniziato a scalare in val Gallina, poi sempre più su».

Il colpo di fulmine, per Andrea, è arrivato oltre oceano. «Ad un certo punto la vita da dipendente è iniziata a starmi stretta. Contestualmente, aumentava in me la voglia ribelle di andare a scalare. Ogni momento libero era l’occasione per mollare tutto e scappare in montagna. Ho chiesto un periodo di pausa di un mese all’azienda dove lavoravo e insieme al mio amico Daniele sono andato negli Stati Uniti, nel parco dello Yosemite».

«Ho fatto poi un’altra esperienza all’estero in Marocco prima di tornare ancora una volta in Yosemite. A quel punto, una volta tornato in Italia, ho preso la decisione di licenziarmi per dedicarmi interamente alla mia grande passione: la montagna».

Facile a parole, tutt’altro nella realtà. «A Cortina la guida alpina ed il maestro di sci sono figure molto rispettate all’interno della comunità. C’è una grande considerazione per chi lavora a stretto contatto col territorio, cosa che altrove non avviene».

«Ho iniziato il mio personalissimo percorso di avvicinamento alla montagna partendo dalla classica gavetta. Ho fatto lo skiman in un negozio di noleggio, guadagnandomi quei soldi che mi servivano per portare avanti il mio percorso di studio per diventare guida alpina. Volevo trasformare il mio grande sogno in realtà. Ho imparato a sciare, andavo in Faloria in pausa pranzo. Sono state determinanti alcune conoscenze, una su tutte quella con Mario Dibona che mi ha preso sotto la sua ala protettrice. Da lì tutto è stato più facile ma ho avuto coraggio».

La storia recente dice che il “Catta” , alla fine, ce l’ha fatta. «Ho iniziato ad avvicinare i primi clienti su Instagram quando Instagram non era così famoso. L’esperienza di ingegnere informatico mi è servita, ma più di qualsiasi cosa si è rivelato fondamentale il contatto umano che in montagna è ancora vivo. Il passaparola è stata l’arma in più».

«Oggi sono felice», conclude. «Ho una famiglia, due figli, e il lavoro di guida alpina mi permette di sostenerla economicamente. La felicità è dettata dallo stare tanto tempo all’aria aperta e non chiuso dentro un ufficio che nella mia “prima vita” avevo paragonato ad una opprimente scatola».

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