La sindaca rischia la falsa testimonianza

Deposizione penalmente rivelante di Alessandra Buzzo nel processo per abuso d’ufficio su affitti in nero per i vigili trevigiani
Santo Stefano di Cadore, 20 luglio 2006, il municipio
Santo Stefano di Cadore, 20 luglio 2006, il municipio



La sindaca rischia un processo. In quello di ieri per l’ipotesi di reato di abuso d’ufficio, che vede imputati l’allora vice sindaco Paolo Tonon, la consigliera Lara Zandonella Piton e la ragioniera Dina Pomarè sui soldi in nero per l’alloggio dei vigili urbani nei mesi estivi, la presidente del tribunale Antonella Coniglio ha interrotto la deposizione della prima cittadina Alessandra Buzzo, perché non credibile, e rinviato discussione e sentenza a mezzogiorno del 20 marzo. Sarà la Procura a decidere se indagare oppure no il sindaco per falsa testimonianza, premesso che la stessa Coniglio ha definito apertamente «riciclaggio» il meccanismo descritto dalla Buzzo: «Per far fronte alle spese degli appartamenti, venivano versati dei contributi alle associazioni, le quali poi ne restituivano una parte, per aiutare il pagamento dei relativi affitti».

Il pm Gallego le aveva chiesto come mai il contributo per la biblioteca si fosse impennato da tre o quattrocento euro a duemila e la risposta era stata che «questo ente era diventato un centro culturale, con molte iniziative, che andavano pagate». Ma chi corrispondeva l’affitto degli alloggi degli agenti della polizia locale, a colpi di 2mila 500 euro all’anno? «Non lo so, non il Comune». In carica dal 2009, Buzzo non può non sapere che dopo la spending review i Comuni non possono prendere in affitto immobili e le dazioni sopra i mille euro devono per forza essere tracciate.

Era il penultimo testimone della difesa Pomarè e bastava guardare la faccia dell’avvocato Piller Roner (Casciarri per gli altri due) alla fine dell’udienza, per capire l’effetto delle parole appena ascoltate. Di sicuro, per gli anni 2013 e 2014, gli alloggi venivano proposti dai proprietari all’ufficio Ragioneria. Mentre nelle stagioni estive successive, il vigile trevigiano è stato sistemato nell’appartamento sopra l’aula del consiglio comunale, lo stesso usato per le prove dal Coro Comelico, vicino alla stanza del medico condotto. L’importante era raggiungere l’obiettivo, a sentire la sindaca, che però ha aggiunto di non sapere in che modo. Non si occupava di questa come di altre cose, pur lavorando molto per la propria comunità, accanto alla propria attività professionale.

L’udienza era partita con la deposizione dello storico vigile Elio Grandelis, ultimo teste dell’accusa. Quando è andato in pensione, dopo un periodo di malattia, c’è stato bisogno di un sostituto arrivato dal Trevigiano in quanto il collega comeliano era in mobilità ad Auronzo. Nessuno gli ha detto chi pagasse l’affitto degli appartamenti, ha detto, ma ci sono stati quello di via Udine e di via Federa, con tanto di numeri civici snocciolati a memoria. Poi si è passati al municipio. Ultimo testimone della difesa un collega trevigiano, che sapeva di non dover sborsare nulla, allo stesso tempo non si è preoccupato di chiedere chi saldasse i conti. Come funzionava, a Santo Stefano? —



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