La storia: Clapis, il pifferaio di Belluno

Sotto la barba, un cuore d'oro e tanta voglia di dedicarsi agli altri
BELLUNO. "Quel che ho fatto, ho fatto; e no son neanche d'accordo de aver fatto tanto così".  Il riassunto lo fa lui stesso: nell'italiano staccato a parole scandite di chi si sforza di dire una cosa importante senza usare il dialetto quotidiano, col risultato di una strana cadenza marziale, dentro cui si intrufola comunque, a tradimento, qualche parolina dialettale.  Inseguire Luciano Clapis tra una partita di rolo, un taglio di erba al parco Marianna, una sgommata sulla sua proverbiale ape car carenata, vuol dire inserirsi in un fitto programma di scolaresche vocianti, di attese e spiegazioni intorno all'uovo («Ogni tanto glielo chiedo, ai bambini, se nasce prima l'uovo o la gallina»), di occhi sgranati intorno alla pista di sabbia graziata, per quest'anno, dal solito periodo pluviale della primavera bellunese.  Ventidue anni fa Luciano Clapis, al momento di andare in pensione, chiese all'allora sindaco un pezzo di terra all'Anta per farci un parco per bambini e anziani, con l'impegno di seguirlo.  «Abbiamo passato tre sindaci, tre inaugurazioni, tre rinfreschi. Con la banda, e oltre 400 persone: tutto gratis, perchè ognuno ha dato una mano. E oggi al Parco Marianna ci sono perfino i gabinetti: che bisogna togliersi le scarpe prima di entrare. Uno spettacolo. Io ci credo che se tutti aiutano le cose si possono fare. Ma bisogna anche mettersi in moto».  E Luciano Clapis, in moto, ci si è messo davvero: tanto che non è Natale se non lo si incontra in tenuta d'ordinanza, almeno un paio di volte, in dicembre, prima col suo asinello («Ciucio si chiama: ha 22 anni, è stato portato qui a 5 mesi da Cisternino»), e poi con la sua capretta (Heidi, rigorosamente bianca, 18 anni).  
Ma com'è che è nato il travestimento di San Nicolò?
«Quando facevo il messo comunale, c'era uno che conoscevo che a dicembre si vestiva e stava col carretto davanti a un negozio di stoffe. A me sembrava un vecchio; me lo ricordo ancora: una volta, che pioveva, lui se ne stava là fermo. Prendi una cassetta e raccogli offerte per qualcuno, gli dico. Ma quello l'anno dopo non ha più voluto fare nulla. E allora mi sono detto: lo faccio io, che questa può essere una cosa utile. Ma voglio che si sappia dove vanno i soldi: allora, con la Carmen Simione, che è direttrice dell'Associazione italiana leucemia, abbiamo iniziato a raccogliere offerte per aiutare i bambini leucemici. E così è cominciato tutto: sono 28 anni che, tutti i dicembre, faccio San Nicolò».  
Di gente ne avrà vista una montagna...
«Eh, spesso ci sono uomini fatti che mi dicono: ti ricordi di me? Ma, dopo tutti'sti anni, è difficile ricordarsi. La gente è sempre tanta, i bambini crescono rapidi: a me piace che ognuno, quando mi vede passare, abbia la sua caramellina, il suo ricordo; la sua impressione, ecco. A cambiare sono le abitudini: una volta si tirava su anche due, tre milioni. Adesso, con gli euro, i soldi di carta si vedono poco: moneda sì. Invece, prima, le cinquemila, le diecimila...».  
E quando era lei bambino, cosa si ricorda di San Nicolò?
«Eh!», Luciano Clapis si tira indietro sulla sedia e con una mano fa un cerchio per aria: «Figuràrse! 'Na scarobola, 'na scracaganassa, an fià de carbòn. E basta».  
E i suoi figli? Perchè lei ha figli, vero?
«Un maschio e due femmine. E sei nipoti. E l'anno prossimo son cinquanta anni di matrimonio. Sì, co' me moglie, eh? Che la me sopporta da cinquanta anni».  
Ecco, ma quando si veste e la vedono uscire, cosa dicevano i suoi figli quando erano bambini? Cosa dicono i nipoti?
«Ah, bello. Io sono l'aiutante di San Nicolò, loro lo sanno. E sanno che sono io, ma quando metto il vestito, è come se non ne fossero più certi. Insomma: sono seri, mi danno la lettera per i regali. E no i parla pì. I teme tutto».  
Quindi dopo San Nicolò è arrivato anche Babbo Natale.
«Sì: Toni Scampoli (si può dire Toni Scampoli? Ma tutti lo conoscono così, il negozio...) ha regalato la stoffa per fare il vestito. E mia comare, Angela Da Riz, lo ha cucito».  
Invece la barba è autentica.
«L'ho fatta crescere apposta. E che fatica tenerla. Ma se me la cavo, no i me varda pì in faccia. Insomma: non sarei più Clapis!».  
E la befana?
«Anche la Befana, ho fatto. Ma quest'anno si è vestita Francesca, mia nipote. Perchè avevo paura di non farcela: di notte dormo con l'ossigeno. E' che sono stanco: 28 anni di San Nicolò, 18 anni di Babbo Natale, 22 anni di Parco Marianna, e poi il rolo. Tutto bello, grazie alla collaborazione di tutti. E a me secca mollare. Ogni tanto c'è qualche amico brontolone che mi dice: mola, Clapis, no te vede che no i capise pì nient. Ma a badare agli altri nessuno farebbe più niente. Invece io ci tengo: in questi anni quello che si è fatto è stato grazie a chi ha dato. E bisogna ringraziare, sempre: perchè l'anno prossimo sarà ancora da fare, e ci sarà ancora bisogno di tutti».

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