La trattativa condotta dai Tuareg

Le tribù locali hanno giocato un ruolo importante nella liberazione degli ostaggi

SEDICO. Del rapimento e del rilascio, Danilo Calonego non parla. Non può, perché c’è un’indagine in corso, ma dalle notizie trapelate sulla stampa nazionale emergono i dettagli della liberazione dei tre tecnici della Con.i.cos. Un ruolo fondamentale lo avrebbero giocato le tribù Tuareg locali, che hanno il controllo del territorio in una zona, quella del Fezzan (nel sud del Paese) che rappresenta la porta di ingresso in Libia per il contrabbando di armi, droga ed esseri umani.

Subito dopo il rapimento, avvenuto il 19 settembre, la banda di criminali si è allontanata da Ghat verso Ubari, nel centro della Libia. Nei primi giorni si sono spostati, con gli ostaggi, in quattro nascondigli diversi. Poi hanno raggiunto un edificio nel quale sono rimasti fino alla tarda serata di venerdì, quando c’è stata la liberazione. L’operazione, hanno ricordato le autorità, è stata portata a buon fine grazie alla collaborazione fra le forze di sicurezza libiche e quelle di intelligence italiane.

I funzionari dell’Aise (il servizio segreto per l’estero del nostro Paese) hanno raccontato di essersi precipitati a Ghat subito dopo il rapimento e di aver avviato immediatamente le riunioni con il consiglio municipale e i capi militari. La trattativa con i rapitori è stata lunga e delicata. È stata condotta in prima persona dal vicecomandante della guardia nazionale libica, Mohamed Lakri, mentre a fare da mediatori sono stati i capi tribù Tuareg. Gli italiani hanno portato tecnologia, carburante per le auto, materiale sanitario e logistico che nel sud della Libia scarseggiano.

Sono stati i Tuareg a riferire le richieste della banda e la ricompensa per i negoziatori. Tre giorni prima del rilascio sempre i capi tribù avrebbero consentito di localizzare il luogo in cui erano tenuti gli ostaggi e di consegnare la contropartita per la liberazione. Tutta l’operazione, ha precisato il vicepresidente del consiglio presidenziale libico Moussa el Kouni, è stata condotta in piena collaborazione con l’intelligence italiana.

Gli italiani hanno raccontato al pm Colaiocco che il 18 settembre avevano notato di essere seguiti, dalla stessa auto che li avrebbe fermati il giorno successivo. Dopo la cattura, sono stati tenuto bendati e legati per diverse ore. La liberazione è avvenuta a 300 km da Ghat: i rapitori sono stati circondati dalle milizie Tuareg alleate del governo di Tripoli e convinti dagli uomini del colonnello Lakri a liberare gli ostaggi e ad approfittare della via di fuga loro offerta. Non c’è stato un blitz armato.

La procura di Roma i mira a verificare se ci siano state eventuali falle nel sistema di protezione dei dipendenti da parte della Con.i.Cos. (a.f.)

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