La vecchia strada ferma la nuova

Tangenziale di Agordo, emersi resti archeologici durante gli sbancamenti per la rotonda

AGORDO. La scoperta di quella che potrebbe essere la strada vecchia, ferma i lavori di quella nuova. Alcune settimane fa il cantiere per la realizzazione della rotonda tra Pragrande e Ponte Alto ha dovuto frenare, in quanto le operazioni di sbancamento che dovrebbero rendere più dolce il pendio della rotonda stessa (dove approderà il secondo stralcio della tangenziale) hanno portato alla luce dei resti archeologici ora sotto la lente della Soprintendenza. Resti che, nonostante la prudenza degli archeologi, potrebbero essere quelli del vecchio tracciato che da Agordo portava a Belluno. Come ricorda Ferdinando Tamis nella sua “Storia dell'Agordino”, la vecchia strada partiva dalla piazza di Agordo, saliva lungo via Carrera fino a Calzón (dietro la vecchia sede dell'istituto minerario), quindi svoltava a destra e attraversava il torrente Rova. Saliva poi il pendio verso Mozzach, costeggiava il Col di Foglia a ovest e infine scendeva “lungo il Pragrande a Ponte Alto e alle miniere” per poi continuare in destra Cordevole. Proprio in quel Pragrande, con il tempo diventato sempre più piccolo, si sta effettuando in questi giorni una campagna di scavo per riuscire a capire di cosa si tratta e a che periodo risalgono i resti.

«I lavori in corso nel cantiere della tangenziale», spiega Cinzia Rossignoli, soprintendente ai beni archeologici del Veneto, «sono seguiti da una squadra di archeologi. Ebbene durante le operazioni sono emerse delle strutture che oggi sono in corso di valutazione. Siamo in attesa dei primi risultati».

La Soprintendenza ai beni archeologici sta lavorando in sinergia con quella ai beni architettonici e paesaggistici che ha una diretta competenza sulla cronologia sia per quanto riguarda il Medioevo che il periodo rinascimentale. Al di là della strada, di cui si sapeva l'esistenza (il tracciato è indicato da Giorgio Fontanive nel suo “La Muda-Pont Alt come quello utilizzato a Fine Settecento), pare che l'aspetto più interessante della questione sia proprio quello di riuscire a datare la sua costruzione. Ma per ora la Soprintendenza non si esprime.

«Siamo in una fase delicata», sottolinea Cinzia Rossignoli, «necessaria per capire di cosa si tratta. Purtroppo nell'ultima settimana i lavori sono proceduti a singhiozzo causa maltempo».

I luoghi dove si sta effettuando lo scavo guidato dall'archeologo Flavio Cafiero sono coperti da teli neri. Tuttavia una parte di un muro a secco fuori terra farebbe già pensare alla continuazione con quello che si può vedere davanti al capitello di Pian de Crós, uno dei punti cardinali della devozione popolare agordina. Dopo essere transitato davanti al sacello, il viaggiatore di un tempo scendeva verso Ponte Alto, ma invece che svoltare a sinistra, girava a destra (si nota ancora il muretto in mezzo alla boscaglia) per scendere poi verso il Ponte. Mentre la strada in quel posto si appresta a cambiare faccia per l'ennesima volta, lentamente tornano alla luce le vecchie tracce.

Gianni Santomaso

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi