La Vècia Popa all’attacco contro governo e sindaci

Rinnovata la tradizione sul Broi con un testamento ricco di frecciate dal destino dell’ospedale alla sicurezza idrogeologica ancora trascurata

AGORDO. Chiede ai sindaci agordini più coraggio e più unione, attacca il governo Renzi su banche e pensioni, ricorda i rischi idrogeologici a 50 anni dall'alluvione, pone dubbi sul futuro ostello e invita i giornalisti a verificare meglio le notizie.

È la Vècia Pòpa 2016 che, nell'insolito scenario di un Broi imbiancato dalla neve di marzo, ha affidato al suo canonico testamento le critiche sull'anno passato e gli auspici per quello futuro. Lo ha fatto, prima del rogo, e dopo aver assistito dall'alto dei suoi nove metri di altezza alle scenette messe in campo dalle frazioni di Rif (Asterix e Obelix), Toccol (La scuola di ieri e di oggi), Centro (La battaglia degli dèi) e all'esibizione realizzata dai Ladìn del Pói che bala e dei Betìn Buli.

Buona la partecipazione del pubblico alla manifestazione, che ha dato ragione ai giovani organizzatori decisi a sfidare il maltempo nonostante le previsioni avverse.

La curiosità della gente era però tutta per il testamento della vecia. La prima frecciata è stata per il presidente del consiglio Matteo Renzi. «I ne aéa inprometù en aumento del Pil, però tanti de noi fa fòra el més a fil. Per salvà i skèi i à fat el salva banche, così ki a ciavà la dént i le farà franche». Gli attacchi sono stati rivolti anche alle politiche sanitarie e a quelle del lavoro, in particolare per l'ipotesi del taglio della reversibilità. «A fàghene le spese l'é vedove e porét, parché se te a redito i schèi no, no ti vét». Naturalmente non poteva mancare la legge sulle unioni civili. La Vècia Pòpa fatica a pronunciare "stepchil adoption" e ammonisce i parlamentari: «Spére che co le ciàcole no i se faze sol bèi, ma che i pénse anca al bén dei tosatèi».

Poi c'è tutta la partita locale, non prima di aver ricordato la rielezione di Luca Zaia a presidente della Regione Veneto: «kél ke ne a fregà tuti i schèi de la specificità». All'anziana signora sono rimasti dei dubbi sulle dimissioni del vicesindaco Ramazzina e delle perplessità sulle beghe tra il sindaco di Agordo e quello di Taibon.

Ma soprattutto le resta l'ansia per il destino dell'ospedale di Agordo di fronte al quale, a parere della vecia, i sindaci sarebbero inerti. «Quant'elo ke ve dighe: stè aténti al ospedal e voialtri continué sta fermi come 'n pal! Così i a serà de sabo ortopedia e la dént ko i òs róti i la porta via». Non solo, c'è anche la storia del Sian i cui dipendenti sono stati spostati da Agordo a Belluno senza comunicarlo ai sindaci. È però proprio a questi ultimi che la Vècia suona la sveglia. «Però ko se se candida a aministrà - dice - en cin pì de nervo sarèe da doprà. E se ai sindaci ghe manca de coraio 'n cin, ke i végne da mi ke ghe faze en sbatudìn». E continua: «Se po' no i empara a fa fronte comun, va a fénila che i porta proprio tut a Belun».

Il dolce ricordo di Vally Dorigo, anima del comitato Vècia Pòpa, morta qualche mese fa, e di don Severino Da Roit, cappellano dell'ospedale di Agordo, è solo un intermezzo di malinconia e ricordo affettuoso. Sperando che mandino un sostituto del sacerdote, la Vècia ricorda anche che: «a dì mésa e fa servizio ko 'l era in malatìa, se ghe n'a vist ben poki preti de la forania! I é sempro manco, ma kande che ocór, la va a fénila ke l'é i soliti ke cor».

A 50 anni di distanza la Vècia ritiene poi che la devastante alluvione del 1966 abbia insegnato poco alla gente e ancora meno alle istituzioni: perché hanno fabbricato a Le Mòte o dietro la casa Rosson che è terreno gessoso? Sono state ricordate anche le vicenda della casa di via Paganini su cui da anni insiste un'ordinanza di sgombero inattuata, e quella che vede protagonista l'ala nuova dell'ex istituto Follador che verrà demolita perché non è sicura e sarà sostituita da un ostello.

Si è chiesto anche di fare attenzione al torrente Rova. «Giornalisti nostrani - dice infine la vecia- è na roba da dive: verifiké le notizie prima de scrive: avé scrit in dapartut ke Ligabue dovéa rivà, ma par la festa de Luxottica, Antonacci l' a cantà: visto ke scrive l'é el vos mestier, oléo proprio pasà da busiér?».

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