L’abbraccio dei bellunesi «Perduto un amico»

Fra molti volti noti del mondo delle istituzioni, anche tantissima gente comune «Parlare con lui arricchiva sempre, sapeva guardare oltre le cose, nel futuro»
Di Alessia Forzin

BELLUNO. Sergio Reolon era un uomo delle istituzioni, ma per molti bellunesi era anche un amico. Una persona con cui trascorrere momenti piacevoli davanti ad un caffè, a discutere del presente e del futuro della montagna. C’erano tantissimi volti noti del mondo politico bellunese e veneto ieri pomeriggio al cimitero di Castion, ma c’erano anche moltissimi cittadini. Persone comuni, che conoscevano Reolon e che lo hanno salutato per l’ultima volta. Con una commozione composta, riservata, ma profonda.

Il piazzale antistante il cimitero è sembrato troppo piccolo per riuscire a contenere la folla che si è riversata nella frazione adagiata alle pendici del Nevegal. I primi sono arrivati di fronte al campo santo poco dopo l’una. Con i vigili urbani, gli alpini e la protezione civile a disciplinare il traffico, la gente si è incanalata lungo la strada che porta al cimitero, in silenzio.

Su una seggiola portatile si è accomodato prestissimo Giovanni Bortot, ex sindaco di Ponte nelle Alpi e deputato. Ad oltre mezz’ora dall’inizio della cerimonia c’era già una discreta folla. Sono arrivati via via l’ex presidente della Fondazione Cariverona Paolo Conte, il vescovo emerito Giuseppe Andrich, i consiglieri provinciali e gli assessori della giunta Reolon, i dirigenti della Provincia, moltissimi sindaci. E poi i rappresentanti dell’associazione Bellunesi nel mondo, con in testa il presidente Oscar De Bona, l’ex sindaco del capoluogo Giovanni Crema, rappresentanti delle associazioni di categoria, Matteo Toscani e Dario Bond.

Rappresentanti di destra e di sinistra, perché quando se ne va una persona che ha lottato per difendere la sua terra e darle un futuro, le appartenenze politiche si cancellano. Ma al di là dei volti conosciuti c’erano quelli delle persone comuni. Tantissime. «Per me era un amico», ricorda Gianpaolo Bortot. «Avevamo la stessa età. Sergio era una persona tenace, sempre convinta delle sue idee. Credeva nei suoi principi e li portava avanti. La provincia ha perso una figura di riferimento, che difficilmente sarà rimpiazzabile».

Durante la cerimonia tutti ascoltano in silenzio gli interventi. Ma qualche commento sussurrato si percepisce. «Ha fatto un gran bene per la montagna», dice un uomo. «E l’abbonamento per le corriere?», gli fa eco una signora poco distante. Viene dal Cadore, i figli lo hanno usato quando andavano al liceo. Si ricordano le battaglie, di Reolon, le sue conquiste. Ma anche la sua dimensione umana. «Era sempre un piacere parlare con lui, aveva una visione lungimirante. Sergio vedeva oltre le cose», commenta un altro dei presenti. «Il dialogo con lui ti arricchiva sempre».

«Era combattivo, ma anche gentile, cordiale, disponibile», aggiunge una signora. «Non lesinava consigli, dandoli sempre con il sorriso. Ho una sofferenza enorme dentro, sono qui per riconoscenza, non si poteva non venire a salutarlo per l’ultima volta». Un pensiero che hanno avuto in molti, ieri. Chi con un fiore in mano, chi con in mente un ricordo, un aneddoto. Tutti con una grande tristezza nel cuore.

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