«L’acqua? Per i comuni è un piccolo tesoro»
Perché no?
«C'è già una legge che definisce rilasci, concessioni, modalità. Attribuire alla Provincia la possibilità di modifiche sostanziali al regime concessorio in atto ci sembra velleitario e pericoloso».
Quali pericoli vede?
«Si finirebbe per dare vita a contrapposizioni sterili, invece bisogna ricercare soluzioni condivise. Meglio creare un tavolo per concordare tutto».
Vediamo di riformulare l'accusa. C'è un arrembaggio, da parte dei comuni attraverso il Consorzio Bim, e da parte dei privati attraverso la En&En spa, agli ultimi torrenti di montagna per produrre energia idroelettrica. Ma così si massacra l'ambiente, e la Provincia propone di metterci un freno. E' così?
«Ma no, non è così. Non c'è alcuna distruzione. Noi diciamo che occorre definire urgentemente il modello di sviluppo e le iniziative compatibili. Ma non lo si può fare unilateralmente. Per questo diciamo: mettiamoci attorno a un tavolo, decidiamo cosa si può e cosa non si può fare. Nell'interesse dei bellunesi. Se questo è il principio, tra pubblico e privato non c'è contrapposizione: sono risorse che i bellunesi devono poter usare a loro favore».
Cosa intende quando dice che «non lo si può fare unilateralmente»?
«Che attorno a quel tavolo devono sedere tutti gli attori, tutti i portatori di interesse. L'approccio non può essere solo ambientale. Occorre considerare certamente i problemi naturalistici e ambientali, ma anche gli altri usi della risorsa acqua: potabile, irriguo, idroelettrico. Questo per la valorizzazione delle risorse».
Valorizzare vuol dire sfruttare l'acqua a fini economici?
«Cito da una delibera unanime dell'assemblea generale del Consorzio dei comuni, datata 13 luglio 2006, presenti 51 sindaci: l'acqua è una risorsa fondamentale del nostro territorio, se sfruttata in modo equilibrato e responsabile per produrre energia può assicurare un beneficio per tutta la popolazione e una concreta autonomia finanziaria per gli enti locali bellunesi. Insomma, l'energia come volano dello sviluppo, come circuito virtuoso».
Tradotto in cifre? Quanti impianti idroelettrici avete, quanti in progetto, e quanti soldi entrano?
«Venti piccoli impianti idroelettrici in esercizio, 11 dei quali su acquedotto. La produzione totale a regime è di 25 milioni di kilowattora, per 4 milioni 375 mila euro di ricavi annui. Altri 16 comuni hanno avviato l'iter per realizzare un nuovo impianto: 10 su acquedotto, 6 ad acqua fluente».
Dove vanno questi soldi?
«Ai comuni. Vorrei chiarire che noi siamo un Consorzio di comuni, che facciamo solo da incubatore, forniamo supporto agli enti locali. Qui non c'è il Consorzio che fa da sè. Semmai dice al comune: guarda che lì sotto hai un tesoro, se vuoi noi ti aiutiamo per l'iter, per i finanziamenti, e così via. Il comune resta centrale».
Quanto può ricavarne un comune?
«Dipende dall'impianto. Primo esempio: micro impianto da 50 kW su acquedotto: costo 170 mila euro, produzione 410 mila kWh annui, ricavi totali 85 mila euro, costi totali (finanziamento e gestione) 24 mila: entrate al comune 61 mila euro. Secondo esempio: mini impianto da 1 megaWatt su torrente: costo impianto 2,3 milioni, produzione annua 2,7 milioni di kWh, ricavi totali 505 mila euro, costi totali (finanziamento e gestione) 170 mila, entrate al comune 335 mila euro all'anno. Sono soldi che il comune può decidere di utilizzare come vuole: servizi, scuole, case di riposo, o altro ancora».
Conviene.
«Non è poco con i tempi che corrono per le finanze magre degli enti locali. Il comune resta il beneficiario. Però attenzione: noi non guardiamo solo all'idroelettrico, ma a tutte le fonti di energia alternative. Per questo abbiamo costituito due fondi: uno per lo sviluppo delle energie rinnovabili, un altro per il sostegno al consumo di energia termica sempre da fonti rinnovabili. Con il primo fondo abbiamo una trentina di iniziative in corso, non solo centraline idroelettriche, ma anche per esempio biogas da discarica (in valle del Boite) o fotovoltaico a Danta, Quero e Ponte nelle Alpi. Questo fondo finanzia anche la formazione sulle energie rinnovabili e l'ottimizzazione di impianti. Abbiamo un Progetto Wind per l'eolico, con 13 siti individuati nei quali stiamo rilevando le caratteristiche, con anemometri. Abbiamo già funzionanti tre piccoli aerogeneratori a Puos, Perarolo e Quero che producono e vanno già in rete Enel».
Poca cosa rispetto all'idroelettrico.
«Però interessante. Anche perché in futuro il governo ridurrà la taglia dei certificati verdi. Oggi il minimo sono 50 mila kWh, valore 4.500 euro, ma per agevolare i piccoli impianti la taglia scenderà a 1000, e allora anche i generatori come i nostri potranno avere i certificati verdi».
Chi li compra?
«Chi produce energia elettrica da fonti non rinnovabili, e in questo modo raggiunge il 3,3% fissato per legge che deve essere prodotto da fonte rinnovabile. Si finanzia così la produzione da rinnovabili».
Torniamo all'idroelettrico. La Provincia di Trento ha deciso di privilegiare gli impianti della parte pubblica, e quindi di fatto di ostacolare quelli privati. La ritiene una strada percorribile a Belluno?
«Ma esistono già dei paletti. L'attuale normativa regionale esige che chi presenta richiesta di concessione a scopo idroelettrico abbia la disponibilità dei terreni, che quasi sempre sono di proprietà dei comuni».
Disponibilità e proprietà restano però due cose diverse.
«Ma questo obbliga comunque il privato che voglia fare una centralina idroelettrica a raggiungere un accordo con il comune».
A forza di centraline si finirà per prosciugare ogni goccia residua?
«L'acqua viene restituita. Ma in ogni caso, teniamo presente che gli obiettivi del protocollo di Kyoto per la riduzione delle emissioni di CO2 non si possono raggiungere solo con biomasse, fotovoltaico, biogas eccetera: l'idroelettrico resta decisivo. Sostenere Kyoto e poi voler bloccare il piccolo idroelettrico è una contraddizione in termini».
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