L’alluvione del 1966 in mostra al Nof Filò

Cencenighe. L’iniziativa voluta dal comune per non dimenticare i fatti che sconvolsero il paese

CENCENIGHE. “Alluvione del 1966”. È questo il titolo della mostra che sarà inaugurata oggi alle 12 al centro culturale Nof Filò. L'esposizione organizzata dall'amministrazione comunale di Cencenighe ricorda i tragici eventi accaduti il 4 novembre del 1966, offrendo al visitatore fotografie inedite del paese prima, durante e dopo l'evento. «Abbiamo deciso di commemorare in questo modo il 50 anniversario della grande alluvione», dichiara il primo cittadino di Cencenighe William Faè, «con lo scopo di ricordare quel giorno che ha cambiato per sempre il nostro paese, ma anche per informare i più giovani di un fatto importante della nostra storia». Uno degli obiettivi principali è quello di non dimenticare ciò che è accaduto, perché eventi del genere non si verifichino più.

A Cencenighe sono ancora visibili alcuni luoghi che ricordano quanto accaduto, come il segno del livello raggiunto dall'acqua in via Roma che si può osservare all'interno del vecchio municipio, o il nuovo cimitero di Avoscan proprio per evitare che una nuova esondazione del Biois provochi quello che è accaduto 50 anni fa, ovvero la distruzione del campo santo. Ma non solo: in località Palù sono presenti alcune baracche che furono importanti come punto di ricovero di famiglie che non potevano raggiungere le frazioni isolate. Nel dramma di quei giorni però si assistette anche ad una grande solidarietà tra gli abitanti, che si diedero una mano e cominciarono a ricostruire il paese, con grande forza di volontà e amore per il proprio territorio.

L'evento del 1966 deve però essere un monito soprattutto per prevenire altre calamità. A Cencenighe sono stati eseguiti tanti lavori di salvaguardia dagli anni 60 ad oggi, ma molti sono ancora da fare: «Sono stati fatti lavori di arginatura dei due torrenti di Cencenighe, il Biois che scende da Falcade e il Cordevole da Caprile», continua Faè. «È stato rifatto il ponte che porta alla piazza principale, eliminando il pilastro che nel ’66 fece da diga causando l'esondazione del Biois». Molte opere sono state eseguite grazie ai fondi del decreto Sarno: «Sono state costruite due briglie filtranti: una sul torrente Biois a protezione di piazza 4 novembre, l'altra sul Torcol. Ci sarebbero però da fare ancora dei lavori per rendere più sicuro il nostro paese», conclude Faè. «Una nuova briglia filtrante sul torrente Biois e il rifacimento del ponte che dalla strada principale porta alla frazione di Campo».

Matteo Manfroi

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi