L'ALPINO CADUTO La Russa: "Miotto ucciso in un attacco, non da un cecchino"

Arrivato in Afghanistan il ministro della Difesa fornisce una versione diversa sulla vicenda: gli alpini erano stati attaccati da un gruppo di insorti. "Mi hanno colpito": queste le ultime parole di Matteo
Ignazio La Russa
Ignazio La Russa
KABUL
. "Mi hanno colpito": queste le ultime parole del caporalmaggiore del 7° alpini Matteo Miotto, secondo la ricostruzione fornita dal ministro della Difesa Ignazio La Russa, che ha anche cambiato lo scenario nel quale l'alpino è stato ucciso: non dal colpo di un cecchino isolato, ma in uno scontro a fuoco, difendendosi da un attacco di "insurgents" contro l'avamposto degli alpini nella Valle del Gulistan.


Arrivato ad Herat per una visita al contingente italiano impegnato in Afghanistan, il ministro della Difesa Ignazio La Russa ricostruisce la morte dell'alpino Matteo Miotto, avvenuta lo scorso 31 dicembre nella valle del Gulistan.


"E' stato ucciso da un gruppo di insorti durante un vero e proprio scontro a fuoco e non da un cecchino isolato" spiega il ministro parlando con i giornalisti. L'uccisione di Miotto, aggiunge La Russa, è opera "di un gruppo di terroristi, di 'insurgent', non so quanti, che avevano attaccato l'avamposto".


"All'attacco - prosegue La Russa - ha risposto chi era di guardia, con armi leggere e altri interventi: a questi si è aggiunto anche Miotto", che - in base a una prima ricostruzione - faceva parte di una "forza di reazione rapida" ed era salito sulla torretta (dove poi è stato colpito) a dare man forte.


"Aspetto di avere maggiori dettagli sulla ricostruzione - conclude La Russa - e ho chiesto a questo proposito un rapporto dettagliato". "Matteo Miotto ha avuto il tempo di accorgersi di quello che stava accadendo e ha gridato 'mi hanno colpito' prima di perdere conoscenza".


Sono state le ultime parole dell'alpino. "Subito dopo - aggiunge il ministro della Difesa - è stato richiesto anche un intervento di un aereo americano, che è riuscito a disperdere gli insurgent". Lo scontro, che ha coinvolto tutta la postazione formata da un plotone rinforzato, "è durato parecchie decine di minuti".


Dopo la ricostruzione della morte di Miotto, La Russa registra come le "azioni ostili" contro i militari italiani non siano diminuite: "Pensavo che il numero degli attacchi si affievolisse con l'inverno, invece non è stato così. Il pericolo è diversificato. A Herat il rischio, che probabilmente ci sarà anche fra dieci anni, è quello dell'attentato terroristico. Come era in passato, in un certo senso, anche in alcune città europee. Ma in villaggi come Bala Murghab o nel Gulistan ogni giorno bisogna difendersi dagli attacchi. Questo avviene perché diamo fastidio".


Adesso siamo lì - continua La Russa - prima ci passavamo e basta, ora siamo negli avamposti con turni che durano anche 14 giorni di fila. La fase di transizione sta andando avanti, ma nessuno si illude che sia agevole, senza rischi o pericoli. Temo che questi pericoli ci saranno ancora per un po', allo stesso livello. La speranza è che, come è sempre capitato finora, con l'inverno il numero degli attacchi diminuisca".


Il generale Marcello Bellacicco, comandante del contingente, traccia un bilancio degli ultimi due mesi e mezzo. Dal 18 ottobre, spiega l'ufficiale, gli "eventi" che hanno riguardato gli italiani sono stati 133: 27 attacchi a tiro diretto, cioè con armi leggere; 5 a tiro indiretto, vale a dire con armi leggere e mortai; 6 di tipo combinato, diretto e indiretto; 5 gli ordigni esplosi contro mezzi italiani; 57 i ritrovamenti di armi ed esplosivi; 5 gli incidenti stradali e 28 le azioni ostili di minore importanza. Gli "episodi", che nella regione ovest a comando italiano hanno coinvolto i militari di tutti i contingenti che fanno parte del Regional Command West, sono stati 338.

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi