L’amarezza del capocuoco «Si lavorava come a casa»
BELLUNO. «Grazie ai miei colleghi che si sono impegnati in tutti questi anni perché non c’è stato un pranzo che non sia stato servito negli orari previsti. Grazie a chi ha parlato bene delle cucine dell’ospedale di Belluno e a quanti si stanno operando per difendere questo servizio».
Il capocuoco del san Martino, Stefano Sommacal è amareggiato per la decisione dell’Usl di esternalizzare il servizio mensa dell’ospedale e idealmente vuole ringraziare tutti quelli che in questi anni hanno lavorato con lui per rendere migliore questo aspetto della cura di un ricoverato.
La decisione dell’azienda sanitaria di dare in appalto ad una ditta esterna le cucine degli ospedali di Belluno e Agordo è stata resa nota soltanto qualche settimana fa lasciando tutti nello sconcerto. Tanto che i sindacati di categoria si sono subito attivati per cercare di impedire questa decisione. È partita infatti nei giorni scorsi una raccolta di firme su una petizione che le Fp Cisl e Fp Cgil intendono presentare all’Usl, ma soprattutto alla Regione perché tornino sui loro passi e quindi mantengano il servizio in capo all’azienda sanitaria. In pochi giorni le adesioni a questa iniziativa sono già un migliaio, ma c’è comunque l’amarezza dettata dalla consapevolezza che forse questo non servirà per fermare l’Usl. «Sono arrivato all’ospedale di Belluno come aiuto cuoco nel 1987 e poi nel 1995 sono diventato capocuoco», racconta Sommacal che prosegue ricordando «i 28 anni di lavoro, un’esperienza positiva, che ho fatto molto volentieri. Ho avuto la fortuna di portare avanti molte idee, di cucina una quarantina di diete oltre a quelle personalizzate. Il mio è un lavoro particolare che però mi rende felice perché so che anche questo aspetto, anche se non aiuta a guarire le persone ricoverate, però ha reso meno pesanti quei momenti, se c’è qualità e passione. Un lavoro che non ho fatto da solo ma insieme agli altri cuochi con cui abbiamo preparato in questi anni sette milioni di pasti, insieme agli uomini e alle donne delle ditte esterne che puliscono le cucine, agli addetti alla manutenzione, ai dirigenti che ci hanno sostenuto nel portare avanti il lavoro: tutte queste persone voglio ringraziare insieme a chi ha avuto belle parole per il mangiare dell’ospedale».
Ora per Sommacal e per gli altri cuochi c’è un po’ di timore perché non sanno che fine faranno: «C’è un po’ di apprensione perché non sappiamo chi resterà con la nuova ditta in cucina e chi invece farà qualcos’altro. Ed è un peccato perché abbiamo sempre lavorato come lo facessimo per casa nostra». (p.d.a.)
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