Lamon: in manette 14 anni dopo la rapina
Arrestato nel trevigiano uno dei due autori del colpo alla Cassa rurale che doveva scontare un residuo di pena
A sinistra Nello Dalla Santa Casa 66 anni padovano Torna in carcere per la rapina
LAMON.
Era andato a salutare i suoi amici giostrai, ma i carabinieri l'hanno bloccato a Cimadolmo e hanno scoperto che doveva ancora scontare un residuo di pena per una rapina del febbraio 1997 a Lamon. Così Nello Dalla Santa Casa, 66 anni, giostraio padovano, torna in carcere a quattordici anni di distanza da quel blitz alla Cassa rurale di Castello Tesino e dal suo arresto, avvenuto un mese dopo.
Se ne andava in giro senza preoccupazioni, forse convinto di aver chiuso i conti con la giustizia. Invece martedì pomeriggio Nello Dalla Santa Casa è incappato in un posto di controllo dei carabinieri, vicino ad un'area in cui si trovano le giostre. Ai militari è stata sufficiente una verifica veloce per scoprire che su di lui pendeva ancora un'ordinanza di custodia cautelare emessa circa un anno fa. Era infatti diventata definitiva una condanna della Corte di appello di Venezia con un residuo di pena di cinque mesi e cinque giorni di reclusione, per la rapina messa a segno a Lamon nel 1997.
L'uomo è rimasto sorpreso. Ha provato a chiedere spiegazioni, si è giustificato, ma poi si è dovuto arrendere. Il provvedimento in questione non gli era stato notificato, ma solo perché nessuno lo aveva trovato.
Per Dalla Santa Casa è probabilmente l'epilogo di una vicenda giudiziaria lunga e per certi aspetti rocambolesca. Il colpo alla Cassa rurale di Lamon avvenne alla fine di febbraio del 1997, quando due persone armate di pistola e col viso coperto entrarono in banca e si fecero consegnare 34 milioni. Poi, dopo aver usato un impiegato come copertura fino alla macchina scapparono senza nessuno alle spalle. Un colpo rapido - quattro minuti in tutto - ma con diversi testimoni in grado di fornire indicazioni utili. Infatti un mese dopo Dalla Santa Casa fu arrestato a Bolzano, in un luna park. I carabinieri lo seguivano da qualche settimana, sulla base di elementi investigativi che non furono resi noti, e accelerarono la chiusura delle indagini per il timore che potesse scappare. Il secondo bandito, invece, non fu mai identificato.
Al processo di primo grado, però, Dalla Santa Casa fu assolto, nonostante il fatto che alcuni testimoni lo avessero riconosciuto. La difesa, sostenendo la tesi del processo basato su indizi più che su prove e contestando i riconoscimenti riuscì a farlo assolvere. Ma in appello arrivò la condanna, parte della quale dev'essere ancora scontata.
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