L’Ana chiede la mini naja per almeno tre mesi

Al rientro ad Udine della Brigata Julia dall’Afghanistan scatta subito la richiesta Il presidente nazionale Favero: «Serve una leva orientata alla protezione civile»

BELLUNO. La Brigata Julia rientra dall’Afghanistan, in prima fila il 7° Reggimento Alpini, tanti applausi a Udine: anche per il gonfalone del Comune di Feltre, accompagnato dal sindaco. Ma sull’onda degli ottimi risultati riportati dagli alpini nel lontano Paese in termini di pacificazione, di sicurezza e di solidarietà, l’Ana chiede la mini-naja. Lo ha fatto ieri, a margine della festa (peraltro sobria, anzi mesta, a seguito del lutto nazionale per quanto è accaduto nel mare di Lampedusa) per la conclusione ufficiale della missione della Julia, il presidente nazionale dell’Ana, Sebastiano Favero.

«Tre settimane di mini-naja non servono a niente, abbiamo bisogno di una leva almeno di 3 mesi, orientata soprattutto alla protezione civile», ha spiegato il presidente.

Una naja in qualche misura obbligatoria per i ragazzi, i quali altrimenti possono dedicare altrettanto tempo ai servizi sociali, all’associazionismo. Una proposta che l’Ana presenterà al Governo nelle prossime settimane, dopo la legge di stabilità. Al tempo stesso, il capo degli alpini ha sollecitato l’esecutivo a portare le missioni di pace anche in altri paesi, come quelli di provenienza dei profughi delle tragedie del mare. Siamo qui, hanno risposto al riguardo, conversando con i giornalisti, sia il generale Ignazio Gamba, comandante della brigata Julia, che il Capo di Stato maggiore dell’esercito, il generale Claudio Graziano. Ieri il primo pensiero è andato ai morti di Lampedusa, poi sono stati ricordati i caduti dell’Afghanistan. I bellunesi sono andati con la memoria in particolare agli alpini del 7°.

Alla cerimonia erano presenti anche numerosi familiari. «Oggi non vogliamo celebrare gesta eroiche, ma rendere omaggio – ha specificato il comandante Gamba – al lavoro silenziose e instancabile svolto per 6 mesi dai circa 2900 militari italiani spalla a spalla con i commilitoni di Albania, Salvador, Georgia, Lituania, Slovenia, Spagna, Ucraina, Ungheria, Usa e Afghanistan. Sono rientrato in madrepatria certo che tutti noi abbiamo dato il nostro contributo al massimo delle nostre capacità e risorse per consolidare il presente di quella parte del popolo afghano che ogni giorno, nonostante le innumerevoli difficoltà, intesse paziente la trama di un tessuto sociale che vuole sia fatto di solidarietà, rispetto, sviluppo e pace».

Il Generale Graziano, dal canto suo, sottolineando che la Brigata Julia, con i suoi reggimenti, «si è comportata bene», ha evidenziato che gli alpini e gli altri militari italiani stanno aprendo una vera e propria “via italiana” alla pacificazione. «È una cosa che ci è stata additata all’estero ed è un riconoscimento. Consiste nella capacità del soldato italiano di essere fermo, quando necessario di impugnare l’arma, di essere umano e di far capire agli altri e alla popolazione che lui è lì nel loro interesse, non come una truppa occupante ma come forza che serve a portare la sicurezza in quell’area». Alpini di pace, dunque. Da qui l’applauso raccolto dai reduci dell’Afghanistan. «L’addestramento delle loro forze e la consegna a loro della sicurezza è un passaggio importante e testimonia il successo delle nostre missioni» ha concluso Graziano.

Francesco Dal Mas

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