Larese: «Abbiamo rispettato le regole»

La presidente della Provincia sorpresa ma fiduciosa: «Esiste un regolamento sulle auto votato nel 1992 dal consiglio»
Di Gigi Sosso
renato sascor
renato sascor

BELLUNO. Niente d’illegale. Ma la magistratura faccia il suo mestiere, ci mancherebbe altro: la reazione della Provincia di fronte all’inchiesta aperta dalla procura della Repubblica, su una trentina di guardie della polizia provinciale, è tra il sorpreso e il fiducioso.

Mentre il procuratore Francesco Saverio Pavone ipotizza il reato di peculato per aver utilizzato le auto di servizio anche per andare a casa e tornare al lavoro e, in un caso, anche di false attestazioni sull’orario di lavoro, la presidente Daniela Larese Filon vuole capire cosa sta succedendo: «Vogliamo naturalmente comprendere e chiarire se ci sono delle responsabilità individuali oppure collettive», premette il sindaco di Auronzo.

«Esiste un regolamento datato 1992 e votato dall’allora consiglio provinciale, che prevede l’uso delle vetture con le insegne della Provincia da parte dei componenti della nostra polizia, anche per raggiungere le proprie abitazioni, in maniera da essere pronti, in caso di necessità, ad intervenire».

Un regolamento sul quale Pavone coltiva delle riserve, tanto è vero che ha intenzione d’interessare la Corte dei Corti, ipotizzando un consistente danno erariale. Soldi a spese della collettività per benzina, olio, pneumatici e il resto dell’ordinaria manutenzione. Secondo il magistrato, sarebbe come se un poliziotto andasse a casa con la volante guidata durante il normale servizio: «Non tocca a me dire come deve muoversi la magistratura, quello che posso aggiungere è che ci siamo sempre comportati come prevede questo regolamento. Se l’abbiamo seguito, non abbiamo commesso nulla d’illegale. Ad ogni modo, aspettiamo gli sviluppi di questa inchiesta» dice la Larese.

La procura ha fatto mettere dai poliziotti della Digos dei dispositivi gps sotto la carrozzeria delle macchine, per conteggiare i chilometri percorsi e questi saranno dati numerici, quindi indiscutibili. Secondo la tesi dell’accusa, anche illegittimi. A Palazzo Piloni sapevano qualcosa di questi controlli, sia sulla strada che alla macchinetta nella quale si striscia il cartellino, all’inizio e alla fine del turno di lavoro? «Non ero a conoscenza di nulla», garantisce Larese Filon, «l’ho saputo soltanto quando le nostre guardie hanno cominciato a essere interrogate in questura. A quel punto, mi hanno detto che la procura aveva aperto un’inchiesta. Osservo che c’è praticamente tutto l’organico della nostra polizia provincia». Stamattina una conferenza stampa, nella quale i rappresentanti della provincia spiegheranno come intendono muoversi.

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