L’Arpav: «Le zone degli impianti devono essere a rischio zero»

Skilift chiusi sul Padon, l’agenzia regionale difende le decisioni prese nel segno della sicurezza. «Nelle nostre perizie inviate alla società è stata evidenziata la presenza di fenomeni valanghivi»
ROCCA PIETORE . I tecnici dell’Arpav di Arabba sono stati chiamati ad operare, un anno fa, a Rigopiano. Conoscono perfettamente quali sono i rischi da valanga, ed ecco perché ritengono di aver agito con la massima correttezza nella valutazione dei pericoli a Malga Ciapela e nella dibattuta vicenda degli skilift del Padon.


«Le parole d’ordine di Arpav sono la sicurezza e la conoscenza della montagna e queste sono alla base dei pareri espressi, come prevede la legge, sul rinnovo degli impianti a fune di Malga Ciapela», si legge, infatti, in una nota diffusa dall’agenzia regionale per la prevenzione e la protezione ambientale. «La zona è quella della Marmolada, interessata, come ricordano le cronache, da numerosi fenomeni valanghivi nell’inverno bellico del 1916-17 con gravi perdite umane».


Ma i rischi sono ben presenti anche oggi. Arpav ricostruisce così la vicenda che ha portato alla chiusura dei due skilift.


«La società Padon – Marmolada di Canazei ha inviato ad Arpav il 6 dicembre, a dieci giorni dalla scadenza della concessione in essere dal 1983, la richiesta di perizia valanghiva sugli impianti sciistici Val d’Arei 1 e Val d’Arei 2. Le perizie di Arpav, inviate alla società il 22 dicembre evidenziano la presenza di fenomeni valanghivi che possono interessare gli impianti in questione», puntualizza ancora la nota. «Si precisa che le perizie valanghive considerano le caratteristiche morfologiche dei siti e i dati storici non le condizioni estemporanee della presenza o meno di neve. Il 2 gennaio la Provincia di Belluno ha trasmesso ad Arpav il Poct - Piano opeIrativo di chiusura temporanea prodotto dalla società Padon – Marmolada e l’11 gennaio ha inviato alla Provincia di Belluno la valutazione del Piano».


Il parere di Arpav in sintesi dice: «Si ritiene che il complesso delle misure previsto dal Poct esaminato, sia da ritenersi idoneo a garantire, qualora tempestivamente e puntualmente attuato, la sicurezza e l’incolumità delle persone fruitrici degli impianti stessi».


Ciò non esclude che in situazioni nivometeorologiche particolarmente critiche – basti pensare al febbraio del 2014 – le valanghe, ancorché mitigate dalle protezioni previste dal Poct o già esistenti, possano interessare i tracciati e le infrastrutture degli impianti. Le norme di riferimento, risalenti al 1998 e 2003, prevedono che le aree di interesse degli impianti, sia per caratteristiche naturali che per opere artificiali, debbano essere immuni da pericoli valanghivi.


C’è poco, dunque, da discutere nel merito. Bisogna mettere in sicurezza i versanti pericolosi. E a questo riguardo l’agenzia regionale si dichiara a disposizione per il supporto tecnico necessario «ad una futura messa in sicurezza definitiva dei siti interessati come richiederebbe la particolarità dei luoghi».


Francesco Dal Mas


©RIPRODUZIONE RISERVATA.

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi