L’arte antica del campanaro piace ai giovani

Lorenzago. Mattia Rossi è il campanologo cadorino, studia suoni e tradizioni È a capo di una squadra di cinque ragazzi che vanno in aiuto anche in altri paesi
LORENZAGO. Mattia Rossi, di Lorenzago, è il “campanologo” cadorino per eccellenza. “Campanologo”, proprio così. Perché, se da un lato la figura del campanaro tradizionale è andata via via scomparendo con l’avvento dei motori elettrici in grado di riprodurre più o meno fedelmente il suono delle campane, dall’altro si sta facendo largo in questo specifico campo il cosiddetto “campanologo”, nome insolito ma utile ad identificare coloro che studiano il suono delle campane, che vanno considerate veri e propri strumenti musicali appartenenti alla famiglia degli idiofoni (strumenti che, se percossi, emettono una nota musicale).


«L’usanza di suonare le campane a mano in Cadore è ancora viva, ma si concentra in occasione delle maggiori solennità parrocchiali. Natale, Pasqua o nella festa del patrono che nel nostro caso, a Lorenzago, si divide tra 12 luglio e 15 agosto», spiega Mattia, capitano di una squadra composta da altri cinque ragazzi che, nonostante la giovanissima età, si dilettano nel tempo libero con il suono delle campane: Luca De Michiel, Lorenzo De Michiel, Dylan De Michiel, Giacomo Piazza e Leonardo De Michiel.


Mattia, come ci si avvicina a suonare le campane?


«È una passione difficile da spiegare; credo di esserci nato, visto che da piccolo spingevo i miei genitori a portarmi sotto il campanile della chiesa di Lorenzago ogni volta che suonavano le campane. Non tutti comprendono l’importanza di questa usanza che rappresenta un legame forte con le tradizioni dei nostri paesi e di cui andare fieri».


Confermi che suonare le campane a mano è faticoso?


«Assolutamente sì; per effettuare un suono armonico di una mezzora servono almeno due persone. Nel nostro caso, a Lorenzago, siamo almeno cinque; e, per il fatto di essere in tanti, a volte andiamo ad aiutare chi si ritrova da solo in altri paesi; anche se l’usanza che vige in Cadore da sempre dice che ognuno deve suonare le campane a casa sua. Anzi, dietro tutto questo c’è anche un discorso campanilistico secondo il quale suonare la campane più forte determina la superiorità di un paese sull’altro».


Spiegaci come sono fatte le campane issate sui campanili delle chiese cadorine...


«Esistono molti tipi di campane, che si differenziano non per il suono ma per il moto di oscillazioni. Si possono suddividere in due categorie: a slancio e a battaglio cadente. Poi esistono numerosi sottoinsiemi dati dal metodo di suonata. Quelle di Lozzo e Lorenzago, come la maggior parte delle campane in Cadore, fanno parte del sottoinsieme appartenente al sistema trevigiano. Una particolarità di queste campane è la possibilità di poter essere suonate in sincronia, ovvero di poter riprodurre un ordine di suono costante. Le campane presenti dalle nostre parti non sono fuse a caso, ma seguono un criterio ben preciso basato sulle note da far riprodurre. Ogni campana, infatti, possiede una nota che è data principalmente dalla modifica di tre dimensioni: altezza, diametro di bocca e spessore. A Lorenzago possiamo contare su quattro campane e questo permette di offrire un concerto bello da sentire, funzionale per la composizione di melodie. Sono campane costose, la più piccola pesa 900 chili e costa 12mila euro».


Gianluca De Rosa


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