Lassù dove gli allevatori vivono di sola passione

Il lungo viaggio con il camion di Lattebusche tra i custodi delle terre alte. Da Vigo a Padola per la raccolta tra strade ripide, strette e sterrate
Il camion della Lettebusche durante il giro in montagna
Il camion della Lettebusche durante il giro in montagna

CESIOMAGGIORE. La via del latte alto bellunese è lunga circa 250 chilometri, è a tratti pericolosa ed è percorsa tutti i giorni dai raccoglitori della Lattebusche. Un viaggio della speranza per chi ha ancora la forza e la tenacia di mungere in quota, dove i costi sono maggiori, i trasporti difficili e gli aiuti sempre meno.

Si parte prima dell'alba per Vigo. La partenza del viaggio per il Comelico e Sappada è alle 3.45 dallo stabilimento di Busche. Ci vogliono quasi 80 chilometri solo per raggiungere la prima stalla a Piniè (Vigo di Cadore). Il camion si ferma alle 5 dopo aver percorso una breve strada in salita, stretta e intrecciata, ovviamente sterrata, ma la cisterna è ancora vuota e tutto sommato la guida è agevole. È troppo presto per incontrare qualcuno, ma la fiducia è tale che le chiavi sono sempre allo stesso posto. Si intravedono soltanto alcune vacche brune stese sul prato, che guardano la scena con curiosità. Il rombo del motore ha fatto svegliare oche e galline, che razzolano fuori dai pollai.

Donna e allevatrice: "Un mestiere che non paga"
Luciana Pradetto Cignotto

La procedura di raccolta. L'operazione di raccolta di per sé è semplice: si accende la pompa che aspira il latte dalla vasca di raffreddamento nel serbatoio (è diviso in più scomparti, tra “normale” e “alta qualità”, a seconda dei parametri rilevati dalle analisi sui campioni), si inserisce la quantità di raccolto nel registro elettronico al nome del socio conferente, si prende il campione dal lattoprelevatore per i controlli di laboratorio e lo si etichetta, per poi metterlo in un contenitore a parte.

Neve e ghiaccio. Più complicato è invece raggiungere le altre stalle, soprattutto in inverno, quando nevica o quando il ghiaccio non si stacca da terra nemmeno a badilate.

In dieci in giro per la provincia. Le aziende di trasporto che lo fanno per Lattebusche sono cinque, con una decina di camionisti impegnati ogni giorno a raggiungere tutti i soci della provincia.

Seconda tappa. La seconda tappa è a Santo Stefano di Cadore. La salita è sterrata e molto più ripida di prima. Qui non c'è il vaccaro, ma nemmeno le vacche, che sono beatamente al pascolo nei prati sopra la stalla. Finalmente, dopo un meritato caffè preso nel primo bar trovato aperto lungo il tragitto, il camion raggiunge la frazione alta di Valle, dove ad attenderlo c’è Luciana Pradetto Cignotto. Non ha molto latte da dare, perché l'azienda è piccola e le vacche da mungere sono soltanto cinque, anche se le bastano per assecondare la passione di una vita.

Sappada. Subito dopo c'è Sappada, dove ci sono più conferitori. Tra questi Silverio Fauner, originario del posto e allevatore da una trentina di anni, e Roberto Cecconi, che per dare il suo bianco a Lattebusche passa addirittura il confine regionale. La sua azienda infatti si trova a Forni Avoltri, in Friuli-Venezia Giulia, a sette chilometri dall'ultimo Comune orientale della provincia. Silverio si fa aiutare dai tre figli maschi, mentre la femmina fa la cuoca in un albergo di Sappada. Roberto fa anche il boscaiolo, per arrotondare.

La stalla di Silverio Fauner a Sappada
La stalla di Silverio Fauner a Sappada

Val Visdende. Il viaggio prosegue verso la Val Visdende, un piccolo diamante incastonato nel Comelico. Per i raccoglitori Lattebusche niente pedaggio. In una malga di proprietà delle Regole lavora Stefano Zampol con i due figli e la moglie. Insieme si curano di una cinquantina di vacche pezzate rosse: grazie al pianoro e alle poche case possono pascolare liberamente da due mesi, tranne che sulla strada, dove sono state messe delle recinzioni apposite per impedire che sporchino il fondo o intralcino il traffico. L'attività estiva si concentra qui, dove alle 8 del mattino ci sono solo 15 gradi; i mesi più freddi, quando la temperatura scende anche a -25°, la base è a San Pietro di Cadore, poco distante dalla Luciana.

Stefano Zampol con il figlio
Stefano Zampol con il figlio

In fondo, gli allevamenti rimasti in piedi in questa parte del Bellunese non sono molti e va a finire che si conoscono un po' tutti. Marcello Martini Barzolai si trova in una delle ultime stalle sopra Casamazzagno, a Comelico Superiore. Anche qui l'ascesa è difficile, anche perché la cisterna è mezza piena, per via delle strade rese strette dalle case e dalle auto parcheggiate, per non parlare degli ultimi tornanti a una sola corsia. Sotto, soltanto lo strapiombo erboso, che nonostante le pendenze è regolarmente falciato. Marcello un tempo ospitava anche classi di bambini e ragazzi per spiegare loro la magia del suo lavoro. Ma ormai non ha più tempo di farlo ed è costretto a concentrarsi sulle sue 64 vacche, affiancando il nipote 24enne che di bestie ne tiene un'altra trentina.

Padola. L'ultimo allevatore che il camion incontra nel suo giro di raccolta nell'alta provincia è Mirco Zandonella Callegher, che si è rifatto da poco la stalla nuova a Valgrande, vicino Padola, identica a quella adiacente dello zio, che però non conferisce alla cooperativa cesiolina. Dentro ci sono 85 capi.

Tutto in famiglia. Le stalle dell'alta montagna bellunese sono tutte a conduzione familiare. Sono pochi quelli che hanno il margine economico per assumere un dipendente, per tutti gli altri è meglio contenere i costi, visti anche i tempi. Le aziende che conferiscono a Lattebusche dal Cadore e Comelico sono una quindicina, più un'altra decina dislocate tra Agordino e Ampezzano. Il numero dei soci conferitori di montagna dipende dal periodo dell'anno: d'estate ad esempio c'è chi manda le vacche al pascolo in malga, e quindi può non produrre latte o finisce per farne molto meno. Ma per tutti la costante è la stessa: la passione sfrenata per la vita contadina.

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