Lattebusche, fatturato a 104,5 milioni

Per i soci remunerazione del latte a 47,33 euro per ettolitro, l’8,5 per cento in più rispetto al 2016. Nel 2017 chiuse 21 stalle

FELTRE. Fatturato per la prima volta nella storia a 104,5 milioni di euro, una maggiore redditività e un rendimento del latte di 47,33 euro per ettolitro di latte conferito dai soci, in aumento dell’8,56 per cento rispetto al 2016. Il tutto a fronte di un quantitativo pari a 1.333.191 ettolitri di latte lavorato, dato pressoché stabile con il 2016, con un calo dello 0,1 per cento. Sono numeri importanti quelli presentati ieri all’assemblea di Lattebusche con la presenza del 38 per cento dei soci che all’auditorium dell’istituto canossiano ha approvato il bilancio all’unanimità.

«Un 2017 soddisfacente» lo ha definito il direttore Antonio Bortoli al termine della sua ampia relazione nel corso della quale ha ripercorsi i dodici mesi della cooperativa cesiolina contestualizzando dati e numeri di Lattebusche nel mercato globale che dalla fine dell’estate 2017 è tornato a essere turbolento con prezzi del latte in deciso calo. L’effetto è stato accusato solo marginalmente nei numeri complessivi andati a bilancio, ma se non ci saranno “rimbalzi” verso l’alto gli effetti negativi potrebbero palesarsi nell’anno in corso, come peraltro già evidenziato per i pochi dati disponibili nel 2018.

Per il momento i soci mandano in archivio i numeri del 2017, che ha segnato anche la chiusura di altre 21 piccole stalle. Segno che le difficoltà sono tutt’altro che terminate, malgrado il prezzo del latte pagato da Lattebusche agli allevatori anche stavolta sia stato significativamente maggiore rispetto a quello corrisposto alla media degli allevatori del Veneto e della Lombardia: Quello ottenuto è un risultato discreto», ha affermato nel suo intervento il presidente Augusto Guerriero, «ma leggermente inferiore alle nostre aspettative».

Colpa del calo dei prezzi che ha colpito siero, panna e grana dopo l’estate: «Se i prezzi calano, cala anche il valore», ha aggiunto Guerriero, «e con un mercato ballerino è necessario che la nostra cooperativa sappia cogliere tutte le opportunità che si presentano prima che altri le facciano loro. I numeri ci dicono che l’azienda agricola soffre, mentre va un po’ meglio l’industria alimentare. Questo mi fa pensare che sia importante per gli allevatori restare nella filiera. Sappiamo che la remunerazione è insufficiente, soprattutto per chi lavora nelle stalle in montagna, per questo Lattebusche ha deciso di investire nel latte bio e avviare una produzione di formaggio bio in Comelico. I primi risultati sono incoraggianti. La nostra missione è mantenere la zootecnia in montagna».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:lattebusche

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi